martedì 19 novembre 2013

Apperò!

Questa cronaca me l'ero persa, peccato, perché la notizia é di quelle che lasciano l'amaro in bocca. Il lato positivo é che fanno capire fin troppo bene che l'Italia, a tutte le sue latitudini, si omologa al peggio.

Vicenda penale e bancaria a parte, l'altro argomento della notizia é questo (riporto in colore blu tutte la parti copiate dall'articolo):

La neve come specchietto per le allodole
I buchi degli impianti di Lizzola (la frazione di Valbondione a 1260 m di quota) sono un fatto strutturale, comune a buona parte delle località scistiche lombarde dove l'industria della neve (spesso artificiale) è lo strumento per sostenere i valori immobiliari, per rifilare le villette a schiera che hanno dilagato nel paesaggio orobico. Villette che poi sono in gran parte inutilizzate, sia d'inverno che d'estate, e per le quali non si contano gli annunci di messa in vendita. Il valore del mq a Lizzola è di 1.300 €. Per "tenere su" il mercato e proseguire nella speculazione immobiliare a Valbondione e a Colere (località sciistica della Val di Scalve con gestioni e buchi ancora peggiori) si sono inventati un collegamento intervallivo. Un rialzo bluff come a poker, con i politici "di riferimento" in Regione che hanno dato una mano stanziando qualche finanziamento (sulla carta) in occasione dell'imminenza dell'ultima campagna elettorale. Un discutibile gioco delle parti.

In ogni caso la messa in scena è servita a realizzare una grossa operazione immobiliare, pomposamente definita "Neviland" in quel di Colere (immobiliarista Dallagrassa). In Regione, mentenendo spesse fette di salame politico sugli occhi, fingono di non sapere che esistono dei fenomeni chiamati "cambiamento climatico" e "crisi", si continua a sostenere la speculazione con generosi contributi al rinnovo e al potenziamento degli impianti

La pentola si scoperchia.

"La montagna deve vivere", "Bisogna pensare ai posti di lavoro". Era tutto un coro di reazioni sdegnate quello che si era sollevato lo scorso anno quando Ruralpini, Orobie vive, Anna Carissoni e altri avevano portato l'attenzione sui pericoli della deriva di un certo modello di sviluppo turistico che trasforma le montagne in un Luna Park dell'effimero.

In perfetta malafede amministratori pubblici e gestori di impianti sciistici accusavano i critici di volere la "montagna imbalsamata" mentre questi ultimi peroravano una frequentazione diffusa ma sostenibile, il rilancio dell'agricoltura, un turismo di rispetto, scoperta, conoscenza in contrasto con quello del consumismo, delle facili emozioni, dei mezzi motorizzati e dello sci "industriale". La polemica tenne banco per oltre un mese sui media bergamaschi, da fine agosto a fine settembre e dalla Valbondione arrivarono le reazioni più accese e le sparate più demagogiche. Ma dalla scorsa estate è in atto una nemesi.

Ci si potrebbe compiacere dal vedere nel fango gli arroganti sostenitori di un modello di sviluppo turistico hard, che di posti di valoro ne crea pochi e che concentra i guadagni nelle tasche di personaggi senza scrupoli, abili di destreggiarsi tra istituti bancari e partiti politici ma a prevalere è, invece, un senso di nausea, di avvilimento per il degrado morale in cui un modello di sviluppo drogato ha fatto precipitare la montagna. 

Il protagonista delle torbide vicende dell'alta Valseriana è, almeno sino a quando non emergeranno altri "manovratori", il sindaco di Valbondione, Benvenuto Morandi. Vale la pena ricordare che il medesimo, insieme a Yvan Caccia (pesidente) e al sindaco di Colere (guarda caso), Franco Belingheri, è alla guida del Parco delle Orobie. Un Parco che si fregia del simbolo dell'orso, comoda foglia di fico per nascondere cementificazione, realizzazione di inquinanti centrali a biomasse, autorizzazione di gare di motocross sui sentieri del "Parco".

Beh, che dire, nulla, non c'é proprio nulla da aggiungere.

domenica 17 novembre 2013

Repetita juvant

Indirettamente rispondo a Costanza, che ha un po' sberlottato un anonimo commentatore.
Come abbiamo più volte scritto, qui nessuno vuol buttare lo sci, o gli sport invernali in genere, in un sacchetto per la raccolta indifferenziata. Non sono loro il bersaglio di questo blog che, invece, ha sempre contestato l'uso capzioso e strumentale dello sci da discesa come "volano" di massicci interventi edificatori ambientalmente devastanti.

Parimenti, sulla vicenda impianti, ribadisco il concetto: detesto l'intervento pubblico per salvare un'attività economica, MA, nella specificità del caso, non riconoscere che l'azione del Comune é stata obtorto collo necessaria, sarebbe da sciocchi. Perdere gli impianti, vederli smontare e trasferire, sarebbe stata una sconfitta per chiunque abbia un minimo a cuore Piazzatorre.

Temo, ripeto, temo, che il prezzo da pagare sarà altissimo se, (e, come Mina, sottolineo se) esso comprenderà il diritto di trasformazione a nuova villettopoli del bosco alla Tagliata. Diciamo che non ne ho una certezza assoluta, ma pesanti indizi ci fanno (a me e Mara) temere il peggio.

Se qualcuno si illude che riaprire gli impianti di risalita e staccare qualche migliaio di passaggi al sempre minor numero di benestanti che possono permettersi la pratica dello sci da discesa, sia di per sé il sol dell'avvenire per Piazzatorre, questo qualcuno avrà cocenti delusioni prima di quanto crede.

Che la gestione meramente invernale, in funzione dello sci, degli impianti a fune, sia una perdita secca lo sanno anche le pietre e, udite udite, lo ammette (meglio tardi che mai) lo stesso forum vallare, dove commenti che qualche anno fa sarebbero scomparsi più velocemente di un gatto in autostrada, sono passati indenni dal censore di turno.

Ripetete con noi: bisogna cambiare l'offerta turistica, fare sistema tra comuni, e puntare allo "all year long".

sabato 9 novembre 2013

In ritardo sulla storia

Le Torcole vedranno gli impianti in funzione questo inverno, é pressoché certo, solo qualche colpo di testa o l'arroccamento su posizioni intransigenti potrebbe far saltare quella che sembra essere ormai diventata la nuova venuta del Messia.

Ben venga la riapertura, se non altro perché almeno si taciteranno coloro che in questi anni hanno attribuito alla chiusura degli impianti tutte le sventure possibili e immaginabili.

Se l'accordo perseguito dal Comune sarà la fine del bosco della Tagliata lo si vedrà e ognuno sarà chiamato alle proprie responsabilità.

Si sappia che, comunque vada, il sole é sempre più basso sull'orizzonte dello sci, e non é solo per questioni climatiche, le cui bizzarrie sono note (a proposito, sappiate che in Europa siete in trepida attesa "dell'inverno più freddo degli ultimi cento anni", auguri. Qua oggi ci sono circa 35 gradi, umidità sensibilmente alta, al solito). 

Vi basti riflettere per qualche secondo sulle bugie, coperte per decenni, relativa alla lunghezza delle piste (vedasi immagine sottostante)


e solo recentemente riportate alla ribalta della cronaca (anche se le misurazioni sono state eseguite alla fine dello scorso decennio e rese note nel 2011! due anni di censura), o, ancora, all'evoluzione dell'offerta invernale fatta da chi problemi a far sciare i propri turisti non ne avrebbe comunque. 

Riaprano dunque gli impianti, ma nessuno s'illuda, senza rivedere l'intero modello turistico le dimissioni del paziente son di là da venire.