domenica 11 febbraio 2018

Irreversibile il declino per le aree montane più deboli?

Il titolo di questo post é una di quelle domande che si preferirebbe non porsi, per paura della risposta.
Ma domande come questa sono inevitabili se si vuole davvero capire perché la montagna, la sua economia, la sua popolazione, soffrono da decenni, amplificandoli, problemi che le aree di pianura non vivono, o vivono in misura molto minore, al netto del declino complessivo del Paese.
Il Giornale di Scienze Regionali, interviene su questo tema con due recenti articoli, che trovate qui e qui.
Il primo articolo é dedicato a una breve storia dello sviluppo delle stazioni sciistiche nelle Alpi occidentali, ma le analogie con il resto della catena alpina sono evidenti, soprattutto nel paragrafo "I problemi odierni della montagna", dove le due questioni-base, relative al modello sociale e a quello turistico, ripropongono argomenti spesso toccati anche da noi.
Il secondo articolo ci riguarda più da vicino, non solo geograficamente, ma anche per alcune considerazioni da esso sviluppate, e che furono oggetto di ampia disquisizione proprio su questo blog, sin dai suoi inizi.
Rappresentativo di ciò é questo estratto: "Le aree montane più fragili soffrono di limiti che vanno ben oltre la capacità di creare ricchezza. Uno dei principali vincoli allo sviluppo è dovuto alla frammentazione istituzionale e alla connessa incapacità di coordinare iniziative con un respiro sovracomunale, al netto del ruolo pur importante delle Comunità montane. Lo stesso deficit di coordinamento pregiudica l’accesso agli interventi nazionali e regionali (politiche per la piccola distribuzione e il turismo, la tutela del territorio), ai fondi comunitari, e in particolare il programma regionale di sviluppo", che evidenzia l'incapacità di fare sistema come causa prima dell'estrema difficoltà di adottate politiche "di valle" atte ad affrontare problemi solo apparentemente confinati entro un singolo Comune.