Piazzatorre è un paese della Valle Brembana, in provincia di Bergamo. Era una località turistica parecchio in voga. Ora vive forti difficoltà e deve rinascere. Un progetto immobiliare di "rilancio turistico", secondo noi sbagliato, al momento sembra fermo, e non è detto che ciò sia un male, anzi. Per salvare gli impianti sciistici si può, si deve, fare dell'altro. Si può farlo uniti. MAIL: salviamopiazzatorre@gmail.com
venerdì 28 maggio 2010
Annuncio di servizio
La mitica convenzione dovrebbe (così pare) essere stipulata entro il 19 giugno prossimo. Prosit.
giovedì 27 maggio 2010
Mondi paralleli
L' articolo che Eleonora Arizzi ha scritto per l'Eco di Bergamo, ci mostra in modo inequivocabile che Piazzatorre non è più su questa Terra.
Qualche misterioso fenomeno spazio-temporale, per spiegare il quale dovremmo scomodare la fisica di Star Trek, ché manco Stephen Hawking ce la farebbe, ha trasferito Piazzatorre e i suoi amministratori in un universo parallelo, dove la mente umana vive in un immaginario reale.
Non può essere altrimenti, perché il paese che ha il centro sportivo più sottoutilizzato del mondo, l'anfiteatro meno apprezzato d'Europa, una capacità di spesa prossima allo zero, non si sognerebbe neppure di avventurarsi nella costruzione di un "nuovo centro sportivo polifunzionale" (poli che? Se è sportivo quali altre funzioni deve ospitare?).
Ma nell'immaginario reale tutto ciò è non solo possibile, è normale.
Come è normale non fare il PGT in attesa che si concretizzi il PII (e a quel punto il PGT non servirà più a un cazzo. Scusate il francesismo).
Come, ancora, è normale sparare la balla della convenzione non firmata perché, evidentemente, sino ad oggi il Notaio non ha trovato il tempo di convocare le parti. Il Notaio più impegnato d'Italia.
Qui Enterprise, data astrale 19.4, .....
Qualche misterioso fenomeno spazio-temporale, per spiegare il quale dovremmo scomodare la fisica di Star Trek, ché manco Stephen Hawking ce la farebbe, ha trasferito Piazzatorre e i suoi amministratori in un universo parallelo, dove la mente umana vive in un immaginario reale.
Non può essere altrimenti, perché il paese che ha il centro sportivo più sottoutilizzato del mondo, l'anfiteatro meno apprezzato d'Europa, una capacità di spesa prossima allo zero, non si sognerebbe neppure di avventurarsi nella costruzione di un "nuovo centro sportivo polifunzionale" (poli che? Se è sportivo quali altre funzioni deve ospitare?).
Ma nell'immaginario reale tutto ciò è non solo possibile, è normale.
Come è normale non fare il PGT in attesa che si concretizzi il PII (e a quel punto il PGT non servirà più a un cazzo. Scusate il francesismo).
Come, ancora, è normale sparare la balla della convenzione non firmata perché, evidentemente, sino ad oggi il Notaio non ha trovato il tempo di convocare le parti. Il Notaio più impegnato d'Italia.
Qui Enterprise, data astrale 19.4, .....
mercoledì 12 maggio 2010
Elogio della pazzia
Evviva la pazzia. Sì, sia benvenuta, è necessaria quanto l'aria che respiriamo.
Serve una dose di "sana pazzia" (sembra una ossimoro ma non lo è) per fare ciò che serve alle nostre città grandi o piccole.
Serve il turnover edilizio, nessuna nuova costruzione se prima non se ne demolisce un'altra: caro costruttore, caro operatore immobiliare, vuoi edificare dieci alloggi? Va bene, ma ne devi acquistare almeno due vecchi e brutti, o abusivi e mai sanati, o pericolanti, da demolire prima di iniziare la tua nuova costruzione.
E se non li puoi demolire perché stanno all'interno di un condominio, non importa, li cedi al Comune. E quando questi avrà pian piano ottenuto tutti gli alloggi del condominio, l'ultimo costruttore arrivato avrà l'onore di demolirlo lui quel rottame di mattoni.
Evviva la pazzia.
Serve una dose di "sana pazzia" (sembra una ossimoro ma non lo è) per fare ciò che serve alle nostre città grandi o piccole.
Serve il turnover edilizio, nessuna nuova costruzione se prima non se ne demolisce un'altra: caro costruttore, caro operatore immobiliare, vuoi edificare dieci alloggi? Va bene, ma ne devi acquistare almeno due vecchi e brutti, o abusivi e mai sanati, o pericolanti, da demolire prima di iniziare la tua nuova costruzione.
E se non li puoi demolire perché stanno all'interno di un condominio, non importa, li cedi al Comune. E quando questi avrà pian piano ottenuto tutti gli alloggi del condominio, l'ultimo costruttore arrivato avrà l'onore di demolirlo lui quel rottame di mattoni.
Evviva la pazzia.
venerdì 7 maggio 2010
I perché dei ricorsi amministrativi
L'ennesimo ricorso al TAR contro uno dei programmi di riqualificazione urbana che interessano paesi della Valle Brembana, in questo caso San Pellegrino Terme, ha dato spunto alla consueta ridda di commenti tra gli "sviluppisti", i partigiani del "fare" e gli scettici, quelli che vorrebbero si facesse usando la testa e non i piedi.
Citarsi non è elegante, ma di fronte alla macroscopica scempiaggine di certi nostri politici, l'ineleganza passa in ultimo ordine. Ripeto, ampliando il concetto, quel che ho scritto in un commento all'articolo di Bergamo News che dava notizia della replica del Sindaco di San Pellegrino Terme al presidente del comitato che ha presentato il ricorso contro una parte del progetto Percassi.
I ricorsi non si fanno per il gusto di farli, bensì perché sono l'ultima carta da giocare quando tutti i tentativi di dialogo sono stati frustrati, quando le soperchierie o le superficialità non vengono sanate dall'amministrazione medesima, in un sussulto di coscienza civica.
Lamentarsi del ricorso è come lamentarsi perché entrati a rubare in una casa, il proprietario di questa ci ha presi a randellate.
Un tempo la conflittualità veniva disinnescata grazie ai controlli che gli organismi regionali di controllo svolgevano sulle delibere del Comuni, quando quel baluardo, che pur tra mille difetti era sempre meglio del nulla attuale, venne abolito, restò solo la magistratura a poter intervenire, quella amministrativa da un lato, quella penale, nei casi peggiori, dall'altro.
Ma la magistratura può intervenire solo "a valle" dei procedimenti, a volte quando ormai il danno è fatto, e gli strascichi di veleno restano poi per anni.
Allora chiedo, a quei Sindaci che si lagnano: ne vale davvero la pena? Vale la pena nascondersi dietro la foglia di fico del "fare", senza mai chiedersi bene cosa si sta facendo e perché lo si fa, se quel "fare" abbia un senso o sia solo uno slogan ormai trito e ritrito quanto tanti altri sentiti in questi anni, o, forse, vale la pena saper dialogare un po' di più e, soprattutto, non farsi ingolosire dalle promesse degli "uomini della provvidenza" che vestono i panni di operatori immobiliari e costruttori?
Citarsi non è elegante, ma di fronte alla macroscopica scempiaggine di certi nostri politici, l'ineleganza passa in ultimo ordine. Ripeto, ampliando il concetto, quel che ho scritto in un commento all'articolo di Bergamo News che dava notizia della replica del Sindaco di San Pellegrino Terme al presidente del comitato che ha presentato il ricorso contro una parte del progetto Percassi.
I ricorsi non si fanno per il gusto di farli, bensì perché sono l'ultima carta da giocare quando tutti i tentativi di dialogo sono stati frustrati, quando le soperchierie o le superficialità non vengono sanate dall'amministrazione medesima, in un sussulto di coscienza civica.
Lamentarsi del ricorso è come lamentarsi perché entrati a rubare in una casa, il proprietario di questa ci ha presi a randellate.
Un tempo la conflittualità veniva disinnescata grazie ai controlli che gli organismi regionali di controllo svolgevano sulle delibere del Comuni, quando quel baluardo, che pur tra mille difetti era sempre meglio del nulla attuale, venne abolito, restò solo la magistratura a poter intervenire, quella amministrativa da un lato, quella penale, nei casi peggiori, dall'altro.
Ma la magistratura può intervenire solo "a valle" dei procedimenti, a volte quando ormai il danno è fatto, e gli strascichi di veleno restano poi per anni.
Allora chiedo, a quei Sindaci che si lagnano: ne vale davvero la pena? Vale la pena nascondersi dietro la foglia di fico del "fare", senza mai chiedersi bene cosa si sta facendo e perché lo si fa, se quel "fare" abbia un senso o sia solo uno slogan ormai trito e ritrito quanto tanti altri sentiti in questi anni, o, forse, vale la pena saper dialogare un po' di più e, soprattutto, non farsi ingolosire dalle promesse degli "uomini della provvidenza" che vestono i panni di operatori immobiliari e costruttori?
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