Questa cronaca me l'ero persa, peccato, perché la notizia é di quelle che lasciano l'amaro in bocca. Il lato positivo é che fanno capire fin troppo bene che l'Italia, a tutte le sue latitudini, si omologa al peggio.
Vicenda penale e bancaria a parte, l'altro argomento della notizia é questo (riporto in colore blu tutte la parti copiate dall'articolo):
La neve come specchietto per le allodole
I buchi degli impianti di Lizzola (la frazione di Valbondione a 1260 m di quota) sono un fatto strutturale, comune a buona parte delle località scistiche lombarde dove l'industria della neve (spesso artificiale) è lo strumento per sostenere i valori immobiliari, per rifilare le villette a schiera che hanno dilagato nel paesaggio orobico. Villette che poi sono in gran parte inutilizzate, sia d'inverno che d'estate, e per le quali non si contano gli annunci di messa in vendita. Il valore del mq a Lizzola è di 1.300 €. Per "tenere su" il mercato e proseguire nella speculazione immobiliare a Valbondione e a Colere (località sciistica della Val di Scalve con gestioni e buchi ancora peggiori) si sono inventati un collegamento intervallivo. Un rialzo bluff come a poker, con i politici "di riferimento" in Regione che hanno dato una mano stanziando qualche finanziamento (sulla carta) in occasione dell'imminenza dell'ultima campagna elettorale. Un discutibile gioco delle parti.
In ogni caso la messa in scena è servita a realizzare una grossa operazione immobiliare, pomposamente definita "Neviland" in quel di Colere (immobiliarista Dallagrassa). In Regione, mentenendo spesse fette di salame politico sugli occhi, fingono di non sapere che esistono dei fenomeni chiamati "cambiamento climatico" e "crisi", si continua a sostenere la speculazione con generosi contributi al rinnovo e al potenziamento degli impianti.
La pentola si scoperchia.
"La montagna deve vivere", "Bisogna pensare ai posti di lavoro". Era tutto un coro di reazioni sdegnate quello che si era sollevato lo scorso anno quando Ruralpini, Orobie vive, Anna Carissoni e altri avevano portato l'attenzione sui pericoli della deriva di un certo modello di sviluppo turistico che trasforma le montagne in un Luna Park dell'effimero.
In perfetta malafede amministratori pubblici e gestori di impianti sciistici accusavano i critici di volere la "montagna imbalsamata" mentre questi ultimi peroravano una frequentazione diffusa ma sostenibile, il rilancio dell'agricoltura, un turismo di rispetto, scoperta, conoscenza in contrasto con quello del consumismo, delle facili emozioni, dei mezzi motorizzati e dello sci "industriale". La polemica tenne banco per oltre un mese sui media bergamaschi, da fine agosto a fine settembre e dalla Valbondione arrivarono le reazioni più accese e le sparate più demagogiche. Ma dalla scorsa estate è in atto una nemesi.
Ci si potrebbe compiacere dal vedere nel fango gli arroganti sostenitori di un modello di sviluppo turistico hard, che di posti di valoro ne crea pochi e che concentra i guadagni nelle tasche di personaggi senza scrupoli, abili di destreggiarsi tra istituti bancari e partiti politici ma a prevalere è, invece, un senso di nausea, di avvilimento per il degrado morale in cui un modello di sviluppo drogato ha fatto precipitare la montagna.
Il protagonista delle torbide vicende dell'alta Valseriana è, almeno sino a quando non emergeranno altri "manovratori", il sindaco di Valbondione, Benvenuto Morandi. Vale la pena ricordare che il medesimo, insieme a Yvan Caccia (pesidente) e al sindaco di Colere (guarda caso), Franco Belingheri, è alla guida del Parco delle Orobie. Un Parco che si fregia del simbolo dell'orso, comoda foglia di fico per nascondere cementificazione, realizzazione di inquinanti centrali a biomasse, autorizzazione di gare di motocross sui sentieri del "Parco".
Beh, che dire, nulla, non c'é proprio nulla da aggiungere.