Riflettiamo su quel che succede in questi giorni dalle parti di un ex sindaco di Sesto San Giovanni, ora vicepresidente del Consiglio Regionale e braccio destro di uno dei capi dell'opposizione in Parlamento.
Riflettiamoci, perché molte delle rogne che le città e, soprattutto, i loro abitanti, sono chiamati a grattarsi periodicamente, discendono dall'uso disinvolto delle procedure urbanistiche.
Disinvolto talora per ignoranza, talora per incapacità, talora per malafede.
Tra gli articoli dedicati a queste vicende ne ho scelto uno pubblicato nella sezione "Milano" del Corriere della Sera del 21 luglio 2011.
Riflettiamoci, ripeto, perché queste vicende sono le stesse da venti e più anni, e se questo disgraziato Paese è bloccato da quasi un ventennio, forse un nesso c'è.
Il tesoro dell’urbanistica
di Edoardo Segantini
La vicenda che vede indagato per concussione e corruzione l'ex sindaco di Sesto San Giovanni e alto esponente pd Filippo Penati suggerisce alcune riflessioni generali sul modo in cui vengono gestiti i grandi progetti di trasformazione urbanistica in Italia. Riflessioni che vanno al di là del «caso Sesto» — dove è stato da poco presentato un bellissimo progetto di Renzo Piano per l'ex area Falck— e prescindono dal merito giudiziario dei fatti, su cui si pronuncerà la magistratura. Lasciamo da parte per una volta il basso livello della classe politica. La prima riflessione è che l'equilibrio tra amministrazioni locali e immobiliaristi è troppo sbilanciato a favore di questi ultimi.
Roberto Camagni, economista urbano del Politecnico di Milano, ha messo a confronto il beneficio che le operazioni urbanistiche trasferiscono al pubblico in Europa, in termini di oneri di urbanizzazione e contributi di costruzione. I risultati sono impressionanti. A Milano e in altre città italiane questo beneficio arriva, al massimo, all'8 per cento del valore del costruito. A Monaco di Baviera raggiunge il 30. Che, tradotto, significa migliori trasporti, parchi, strutture di svago. Grazie a queste risorse, i bavaresi vedono realizzarsi buona edilizia pubblica e social housing per i ceti meno abbienti.
È vero, si obietterà, sono tempi duri anche per il mattone. Ma i costi della crisi devono essere ripartiti più equamente fra i privati e la comunità. Oggi la filiera degli immobiliaristi incamera una quota troppo grande: in questo modo — è un ragionamento del tutto teorico — aumenta proporzionalmente anche la sua capacità corruttiva potenziale. Un'altra considerazione riguarda le tecnostrutture che presiedono alla realizzazione delle opere.
Dal confronto internazionale emerge che le città più dotate— da Monaco a Barcellona (in passato si sarebbe potuto aggiungere anche Milano) hanno apparati di primissima qualità. Ovvio che la tecnostruttura non è un antidoto alla corruzione. Tuttavia un buon ufficio tecnico, orgoglioso della sua reputazione, può portare, se non proprio deterrenza, maggiori capacità di controllo. E qualità. In urbanistica si è passati dai piani regolatori alla trattativa con le forze del mercato. Un passaggio che troppo spesso avviene senza trasparenza. Aprendo nuovi spazi alla corruzione. Serve perciò un meccanismo che fissi l'obbligo di una più alta ricaduta per la comunità e imponga trattative alla luce del sole. Come in Germania, dove le operazioni vanno su Internet. O come in Spagna, dove l'obbligo che una quota consistente delle plusvalías urbanistiche vada a beneficio della Comunidad è scritto addirittura in un articolo della Costituzione.
Riflettiamoci, perché molte delle rogne che le città e, soprattutto, i loro abitanti, sono chiamati a grattarsi periodicamente, discendono dall'uso disinvolto delle procedure urbanistiche.
Disinvolto talora per ignoranza, talora per incapacità, talora per malafede.
Tra gli articoli dedicati a queste vicende ne ho scelto uno pubblicato nella sezione "Milano" del Corriere della Sera del 21 luglio 2011.
Riflettiamoci, ripeto, perché queste vicende sono le stesse da venti e più anni, e se questo disgraziato Paese è bloccato da quasi un ventennio, forse un nesso c'è.
Il tesoro dell’urbanistica
di Edoardo Segantini
La vicenda che vede indagato per concussione e corruzione l'ex sindaco di Sesto San Giovanni e alto esponente pd Filippo Penati suggerisce alcune riflessioni generali sul modo in cui vengono gestiti i grandi progetti di trasformazione urbanistica in Italia. Riflessioni che vanno al di là del «caso Sesto» — dove è stato da poco presentato un bellissimo progetto di Renzo Piano per l'ex area Falck— e prescindono dal merito giudiziario dei fatti, su cui si pronuncerà la magistratura. Lasciamo da parte per una volta il basso livello della classe politica. La prima riflessione è che l'equilibrio tra amministrazioni locali e immobiliaristi è troppo sbilanciato a favore di questi ultimi.
Roberto Camagni, economista urbano del Politecnico di Milano, ha messo a confronto il beneficio che le operazioni urbanistiche trasferiscono al pubblico in Europa, in termini di oneri di urbanizzazione e contributi di costruzione. I risultati sono impressionanti. A Milano e in altre città italiane questo beneficio arriva, al massimo, all'8 per cento del valore del costruito. A Monaco di Baviera raggiunge il 30. Che, tradotto, significa migliori trasporti, parchi, strutture di svago. Grazie a queste risorse, i bavaresi vedono realizzarsi buona edilizia pubblica e social housing per i ceti meno abbienti.
È vero, si obietterà, sono tempi duri anche per il mattone. Ma i costi della crisi devono essere ripartiti più equamente fra i privati e la comunità. Oggi la filiera degli immobiliaristi incamera una quota troppo grande: in questo modo — è un ragionamento del tutto teorico — aumenta proporzionalmente anche la sua capacità corruttiva potenziale. Un'altra considerazione riguarda le tecnostrutture che presiedono alla realizzazione delle opere.
Dal confronto internazionale emerge che le città più dotate— da Monaco a Barcellona (in passato si sarebbe potuto aggiungere anche Milano) hanno apparati di primissima qualità. Ovvio che la tecnostruttura non è un antidoto alla corruzione. Tuttavia un buon ufficio tecnico, orgoglioso della sua reputazione, può portare, se non proprio deterrenza, maggiori capacità di controllo. E qualità. In urbanistica si è passati dai piani regolatori alla trattativa con le forze del mercato. Un passaggio che troppo spesso avviene senza trasparenza. Aprendo nuovi spazi alla corruzione. Serve perciò un meccanismo che fissi l'obbligo di una più alta ricaduta per la comunità e imponga trattative alla luce del sole. Come in Germania, dove le operazioni vanno su Internet. O come in Spagna, dove l'obbligo che una quota consistente delle plusvalías urbanistiche vada a beneficio della Comunidad è scritto addirittura in un articolo della Costituzione.
Ecco i vostri amici, Pdl e Lega che gente di cacca che sono...
RispondiEliminahttp://milano.repubblica.it/cronaca/2011/07/24/news/rispunta_la_legge_ammazza-parchi_arriva_un_altra_colata_di_cemento-19531128/?ref=HREC1-5
Al tempo.
RispondiEliminaAmici nel PDL, qualcuno, pochi, molto pochi ormai.
Nella LN: zero! Sia chiaro, mai avuto nulla a che fare con quei deficienti (e ci vado già piano).
Per venire al merito dell'articolo di Repubblica, che dire, che i filo-mattone nel PDL siano da sempre numerosi è innegabile. I palazzinari erano ben rappresentati nella DC e nel PSI come oggi lo sono nel PDL, nell'UDC e, rullo di tamburi, nel PD (le varie coop vi dicono nulla?).
Non mi stupisco quindi che la legge ammazza-parchi torni in aula.
Lei però, anonimo, si chieda perché il consiglio regionale è sicuro di sfangarla. I peggiori nemici dei Parchi non stanno a Milano, sia ben chiaro, hanno residenza e interessi nei territori dei Parchi stessi, e spesso trovano nei loro concittadini gli utili idioti che portano avanti, senza nemmeno saperlo, battaglie antiparco che servono solo a quei signori.
Quindi, la morale è: prima di guardare gli amici miei, si guardi dai suoi.