Sì, questa sfuriata fin troppo educata di Ruralpini contro quell'ectoplasma che é il Parco delle Orobie Bergamasche, ci sta proprio tutta, e non solo ne riporto il link, ma pure copio e incollo.
Solo sulle considerazioni rispetto all'orso non mi trovo del tutto d'accordo, sia perché se l'orso ritorna in un certo ambiente non si può fargliene una colpa, le montagne sono anche casa sua, sia perché altrove quasi si augurano che tornino gli orsi e facciano fuori un po' di cinghiali, visto che la caccia selettiva non sembra essere poi così efficace, ma transeat, questo é un altro argomento.
Il problema vero, quello di fondo, é sempre quello: cosa diavolo si vuole fare di 'sta benedetta montagna! E ha un bel dire il signor Presidente del Parco! Anzi, ha un brutto dire, la sua é una "zerbinata" (dichiarazione zerbino) buona per lisciare il pelo ai soliti immobiliaristi che misurano la montagna a metri cubi di appartamenti. E allora davvero un simboletto con un plantigrado stilizzato significa poco o nulla.
Manco sto a invocare le dimissioni di un personaggio così, non serve. Primo non capisce, secondo c'é pure il rischio di fargli troppa pubblicità.
Ai rilievi circa l'insostenibilità di un modello di turismo luna park il nei presidente del Parco delle Orobie risponde con la demagogia e tirando fuori dal cilindro l'uso strumentale dell'orso quale lato b (pseudoecologico) del Luna Park
Orobie drogate dal mattone
(e l'orso simbolo/foglia di fico copre le vergogne)
di Michele Corti
Nelle Orobie gli amministratori non riescono a staccarsi dalla logica dello sviluppo drogato e dal modello seconde case-impianti sciistici e usano la demagogia (compresa la nuova ecodemagogia) per cercare di rintuzzare le critiche ad un modello di sviluppo che ha provocato gravi danni al territorio e che va ripensato radicalmente e rapidamente
"Valorizzazione immobiliare". Questo resta l'obiettivo degli amministratori della Val Seriana superiore ora alla guida del Parco delle Orobie. Eppure i dati sull'espansione della patologia delle seconde case, sul loro scarsissimo coefficiente di occupazione, sul carattere "maturo" dell'industria della neve - traino dell'espansione immobiliare - sono incontrovertibili. Così gli stessi esponenti leghisti si attaccano al simbolo dell'orso che ritorna sulle Orobie, testimonial di una natura "intatta" e forse visto quale ancora di salvezza da impresari e agenzie immobiliari preoccupati del declino del turismo invernale. Peccato che questo orso Yoghi in Trentino sia avversato proprio dalla Lega che non perde occasione per denunciare i rischi connessi agli incidenti stradali provocati dal plantigrado, l'enorme paura riportata da residenti e turisti a causa di incontri troppo ravvicinati con un animale sempre meno timoroso dell'uomo. Il tutto con il rischio di un effetto boomerang proprio per il turismo.
Pur di non indirizzarsi su forme di turismo soft, che non portano vantaggi agli interessi forti locali, gli amministratori giocano all'equilibrismo tra cemento e wilderness.
La montagna Luna park attira qualcuno ma compromette l'immagine e tiene lontano segmenti del mercato turistico
In questi giorni nelle valli bergamasche è in corso su vari media (Eco, Araberara, Antenna2, BergamoNews) un acceso dibattito sulla montagna-Luna park, ovvero sulla politica di accondiscendenza ad un turismo per nulla sostenibile fatto di tolleranza dell'uso di mezzi motorizzati per puri scopi di divertimento (laddove la legge lo vieta come ammoniscono i regolamentari cartelli), di spettacoli Son e lumiére che trasformano l'alta montagna (nel cuore del Parco delle Orobie bergamasche) in un fondale, di gare di motocross che transitano per i sentieri del suddetto Parco. Una polemica che non è fine a sé stessa, che non oppone “puristi della montagna” e “sviluppisti” ma che riguarda il modelli di sviluppo economico e turistico della montagna e che riguarda anche i ben poco sostenibili progetti di valorizzazione sciistica e immobiliare che buona parte degli amministratori locali continua a rincorrere.
Il presidente del Parco respinge le “provocazioni”
Il neo presidente leghista del Parco delle Orobie bergamasche si è sentito chiamato in causa. Yvan Caccia “non ci sta” alla provocazione dei (non pochi) che non apprezzano la lunaparkizzazione della montagna orobica e, con una bella dose di demagogia, ribatte: “Prima di tutto c'è l'uomo: non possiamo trasformare le nostre montagne in riserva. La gente deve vivere. La si vuole obbligare a non toccare nulla, a non sfruttare nulla per poter continuare ad abitare in montagna? Allora gli si diano i soldi per vivere”. Parole sante se isolate dal contesto. Ma qual'è il contesto, cosa c'è dietro? Caccia quando parla di uomo non ha in mente le attività tradizionali, un'agricoltura sostenibile integrata al turismo ma ben altro. Se lo fosse lui e gli amministratori di lungo corso come lui (è in pista dal '92) non si sarebbero disinteressati delle attività tradizionali e delle "materi prime" di un turismo sostenibile. Hanno lasciato la rete sentieristica nell'incuria e persino alla mercé dei mezzi motorizzati che la devastano. Hanno lasciato nell'abbandono non poche malghe (di proprietà comunale), non hanno fatto nulla per contrastare la chiusura delle aziende agricole, anzi l'hanno facilitata con l'espansione edilizia disordinata che mangia i prati e consente di costruire a fianco delle stalle per poi scacciarle. Adesso vengono a dire che hanno in mente l'uomo che sta in montagna. Forse quello negli uffici delle immobiliari, non quello che "lassù" suda a segare i prati, a fare il boscaiolo, a gestire le malghe.
La scusa della "mancanza di uomini e mezzi per i controlli"
Moto e quad scorazzano non tanto perché “non ci sono le risorse per i controlli” - come dice Caccia - quanto per una precisa volontà politica. Se così non fosse le escursioni organizzate e programmate da apposite società e da strutture alberghiere su percorsi proibiti ai mezzi motorizzati sarebbero sanzionate. Se così non fosse il motociclista dispersosi in montagna a Valbondione il 14 luglio, e che ha fatto intervenire il soccorso alpino mobilitando 18 persone, sarebbe stato sanzionato. Se così non fosse sarebbe già stato realizzato il circuito “protetto” dove consentire agli appassionati della moto di esercitare la loro passione senza danneggiare la rete Vasp (viabilità agrosilvopastorale) e senza mettere a rischio o comunque disturbare gli altri utilizzatori (ricreativi e professionali). La lobby di chi vende e usa le moto è abbastanza potente da riuscire a non far mettere d'accordo i sindaci sul tracciato. Figuriamoci cosa può fare quella del mattone.
Prioritario è il comprensorio sciistico (ovvero la valorizzazione immobiliare)
Caccia parla della “priorità all'uomo” ma non nasconde che la priorità per il nuovo ente Parco è il progetto del “comprensorio sciistico”, quello che dovrebbe unire la Val di Scalve (con gli impianti di Colere) all'alta Val Seriana (Valbondione). Ad affiancare Caccia alla guida del Parco ci sono, guarda caso, il sindaco di Colere Franco Belingheri e quello di Valbondione, Benvenuto Morandi. A sostenere apertamente che l'operazione è solo l'ennesimo progetto di “valorizzazione immobiliare” più o meno mascherato è Paolo Locatelli, coordinatore di Orobie Vive (che unisce vari gruppi e non solo ambientalisti), ma lo pensano così in tanti.
I sindaci nonché amministratori del Parco lasciano credere che il progetto, prima o poi, andrà in porto. Così, anche se alla fine non se ne farà nulla, si dovrebbe comunque riuscire a spingere la “valorizzazione immobiliare” con il progetto Neviland (a proposito di Luna Park e Disneyland) della società Dallagrassa: nuovi resort di lusso e un "borgo" (!?) di villette in comune di Colere (Valle di Scalve). Ovviamente si punta alla “valorizzazione immobiliare” anche sull'altro versante, quello dell'alta Val Seriana dove il rilancio degli impianti di Lizzola con il collegamento è ancora più vitale.
Sono però in tanti a ritenere che il futuro non sia più nel modello usurato: impianti sciistici-seconde case. In primo luogo perché nevica sempre di meno e le alte temperature non solo sciolgono rapidamente la poca neve “naturale”, ma non consentono neppure di produrre (con grande dispendio di acqua ed energia) quella artificiale. Sia gli investitori privati che quello pubblico (che oltretutto sono sempre più vincolati sulle norme che regolano gli aiuti di stato per evitare la concorrenza sleale) sanno benissimo che da più parti e con sempre maggior forza sichiede una moratoria di nuovi impianti.
In un periodo in cui l'incertezza finanziaria mette in forse opere di ben altra necessità il dubbio che il progetto non arrivi alla fine in porto è molto fondato. Il comprensorio Colere-Lizzola non è tra le stazioni di bassa quota (dominio sciistico prevalentemente al di soto dei 1500 m) ma neppure tra quelle ad alta quota dove si concentrerà nei decenni a venire la declinante domanda dell'industria sciistica. La crescita dei costi per l'utenza (giornaliero, benzina, attrezzature), insieme all'accorciamento della stagione sciistica, rappresentano fattori che pesano negativamente sulla già precaria redditività degli impianti sciistici (come sanno bene le società che li gestiscono che reggono solo se al loro interno sono rappresentati i soggetti interessati al mantenimento dei valori immobiliari).
Ciaspolate in allegria e Feste della malga (altro che "quiete e silenzio")
Per fortuna però il costume si evolve e la gente sta imparando che una bella ciaspolata in compagnia seguita da occasioni conviviali e una cucina semplice ma autenticamente di montagna a "km 0" è infinitamente più divertente che lanciarsi come disperati su piste-biliardo, su tracciati sempre più artificializzati ingoiando un panino che resta sullo stomaco (bisogna "sfruttare" il costoso giornaliero schiavi di un meccanismo che riproduce le frenesie e le nevrosi cittadine). E altrettanta allegria e convivialità si ritrova nelle feste della malga e nelle "camminate letterarie" che pure si realizzano anche in Val Seriana superiore (a Songavazzo)(vedi articolo di ruralpini).
Cosa hanno a che fare queste proposte con la montagna di "quiete e silenzio" da clinica svizzera che, secondo gli operatori turistici e gli amministratori pubblici, sarebbe l'ideale di chi contesta il Luna Park? Niente. Ma poi il fracasso è allegria? No. È stordimento, un nuovo isolamento. Un modo per esorcizzare l'angoscia e le nevrosi, non per curarla.
I misfatti del luna park sciistico nostrano
Se il futuro dell'industria della neve non consente rosee previsioni (per gli investitori) il presente e il passato recente sono tutt'altro che idilliaci e dovrebbero far riflettere le comunità locali. In Lombardia vi sono decine di stazioni sciistiche abbandonate e tra queste proprio Valcanale in Comune di Ardesio. Monumenti allo spreco, all'imprevidenza, allo scarso rispetto dell'ambiente e della montagna. Gli impianti vennero realizzati nel '72 e abbandonati dal '97, a causa dell'acclarato rischio valanghe (prima non si sapeva evidentemente!). Per realizzarli sono stati eseguiti pesanti sbancamenti sulla montagna e poi il tutto (manufatti, armamento e hotel) è stato lasciato al degrado. Sino a questa estate. Quando, dopo la scoperta di una discarica abusiva sotto la superficie del piazzale dell' ex Hotel Sempreneve (affioravano pezzi di moquette nel torrente) è cominciata la messa in sicurezza e il progressivo smantellamento di ciò che rimaneva dei manufatti. Il recupero degli impianti sciistici abbandonati di Valcananale,però, era già all'ordine del giorno quando Yvan Caccia era sindaco di Ardesio. Sul periodico Araberara del 6 aprileAnnalisa Consonni racconta che il 29 luglio 1999 si era costituita la cooperativa Natura e Cultura, di cui la stessa Consonni era presidente, che si prefiggeva il recupero ambientale e turistico di Valcanale. La coop era nata da un progetto “Tutela ambientale come risorsa sociale ed economica” ed era risultato secondo classificato al Premio BergamoImpresa '99.
“Il sindaco, inizialmente favorevole al progetto non ha voluto firmare la convenzione con la cooperativa Natura e Cultura perché la sua intenzione era quella di aprire nuovi impianti e fare nuovi alberghi con un finanziamento di 30 miliardi di vecchie lire. La cooperativa Natura e Cultura è stata costretta a chiudere e a rinunciare ai finanziamenti pianificati…”.
Quello della “valorizzazione sciistica” è un chiodo fisso per il nuovo presidente del Parco delle Orobie.
“Le seconde case? Sono un problema. Non si può nascondere”
All'inizio di maggio di quest'anno (riferito dall'Eco di Bergamo del 4 maggio) l'assessore provinciale al turismo, Giorgio Bonassoli, nel presentare i dati dell'osservatorio turistico della provincia di Bergamo, non poteva evitare di tracciare un bilancio sconsolante: il 57% di seconde case in Valle Seriana superiore è abbandonata. Un dato preoccupante specie tenendo conto che, in alcuni comuni: Onore, Songavazzo, Castione le seconde case rappresentano l'80% delle abitazioni. Inutile dire che l'identità di questi centri è stata stravolta in modo irrimediabile. Per le amministrazioni e le future generazioni il bilancio di questa sciagurata edificazione è pesante e non basta certo l'IMU a compensarla. Gli occupanti delle seconde case che, un tempo - in forza di soggiorni prolungati - sviluppavano forme di integrazione con la comunità locale, oggi arrivano solo per soggiorni brevi, con la spesa già fatta ai centri commerciali della pianura. In occasione dell'intervista con Bonassoli l'Eco non mancava di osservare come lo stesso assessore regionale al Territorio e all'urbanistica, il bergamasco Daniele Belotti, avesse in una precedente occasione tirato le orecchie ai sindaci della Val Brembana e della Val Seriana sul tema “seconde case”. E ancora Belotti il 3 maggio, in occasione della presentazione a Bergamo del Piano territoriale d'area delle valli alpine (riferito dal sito ufficiale della regione), sosteneva che:
"Si è costruito tanto, troppo e in molti casi, purtroppo, anche male. Il dato di utilizzo medio delle seconde case, pari a soli 17/20 giorni l'anno è desolante. (…) Il territorio è già stato pesantemente compromesso da questa ormai superata tipologia di turismo e lo sviluppo futuro delle valli bergamasche e della parte montana della provincia di Lecco, non dovrà più passare per la villetta in montagna da 59.000 euro 'svenduta' in televisione, perché questo non potrà essere più elemento trainante di un sano sviluppo".
Non lo dicono i puristi”, i “romantici”, i nostalgici deicontadini con il cappello di paglia.
Ma c'è da credere agli esponenti politici (Lega, Pdl, Pd, Udc ecc. non fa differenza) nelle loro autocritiche? No. Consideriamo due date sorprendentemente vicine: il 26 gennaio venivano protocollate le dimissioni dell'assessore di Clusone (al tempo ancora leghista)Carlo Caffi, fortemente inviso al partito del mattone (rappresentato in maggioranza da componenti Pdl ma non solo). La "colpa": aver fatto passare un Pgt (Piano di governo del territorio) che contrastava l'ulteriore consumo di suolo del centro più importante della Val Seriana. Due giorni dopo era ufficializzata la nomina di Yvan Caccia alla presidenza del Parco. Sulla base di accordi sulle poltrone tra Pdl e Lega (ma forse anche di teste da far saltare). .
La ciliegina sulla torta
Nelle stesse paginate de l'Eco del 31 agosto in cui Caccia stigmatizzava la polemica - a sua detta pretestuosa - sulla montagna orobica sempre più Luna Park, il neo presidente leghista del Parco dichiarava anche il suo incontenibile entusiasmo per il nuovo simbolo del Parco: l'orso. Un orso che nelle Orobie, nonostante il battage pubblicitario del Parco stesso, è - almeno per ora - una presenza “di transito”. Che merito ha il Parco per fregiarsene copiando il “copyright” del Parco Adamello Brenta o dell'Abruzzo che con l'orso hanno ben diverse implicazioni visto che nel bene e nel male lì l'orso non si è mai estinto? Una mossa di facciata che conferma la strategia della “foglia di fico”. L'orso verrebbe nelle Orobie (secondo sindaci e Parco in coro) perché l'ambiente è "incontaminato". Paiono dire: "Non rompeteci più con le vostre proteste contro la monocoltura delle villette a schiera low cost, contro enduro e quad scorazzanti, contro le gare di motocross benedette dal Parco,contro l'accanimento terapeutico nei confronti dell'industria della neve decotta, contro i fuochi d'artificio in alta montagna. Non vedete che l'orso «sceglie» le Orobie". Già.
Ecoipocrisia
Il Parco ama l'orso quale simbolo astratto ma poi sostiene che una moto rombante ogni (non poi) tanto o un po' di fuochi d'artificio in alta montagna una volta l'anno non danno alcun fastidio alla fauna. Se è lecito nutrire dubbi sull'amore per la fauna del Parco a maggior ragione ci si può chiedere se esso ami l'uomo montanaro? Di certo non quello al quale l'orso, specie in primavera dopo il letargo, sbrana animali di ogni tipo quasi a domicilio, sin nelle piccole stalle prossime ai paesi. Idem i pastori, che devono moltiplicare gli sforzi per custodire le greggi. In realtà l'ambiente della montagna profondamente influenzato dalla presenza umana, e ben lontano dalla mitizzazione della “natura incontaminata”, è messo a repentaglio sia dal Luna Park motorizzato e spettacolarizzato che dal “ritorno della natura selvaggia” (a sua volta una forma di Luna Park naturalistico che trasforma in un grande parco faunistico all'aperto la montagna).
Il presidente leghista del Parco delle Orobie vede nell'orso una fonte di di “attrazione”, di promozione del “turismo dell'orso”. Snobbano il turismo degli alpeggi, i bikers. le ciaspole, il turismo educativo e gastronomico si inventano il turismo dell'orso. Ignorano che in Trentino intorno agli orsi infuriano le polemiche, che la popolazione manifesta un crescente rifiuto per la invadente presenza dei plantigradi e che il mondo turistico si interroga se l'orso non possa diventare un boomerang. Ma l'orso è solo una foglia di fico. Che copre le vergogne della politica della “valorizzazione immobiliare”. E a questo giochetto non ci cascano più nemmeno gli ambientalisti (almeno quelli che lavorano sul territorio).
Nessun commento:
Posta un commento