venerdì 22 ottobre 2010

Fermarsi? Bisognerebbe almeno essere partiti

Scrivo questo post in risposta a due commenti al precedente "Facce di bronzo 2".

Comincio con l'apprezzamento per i toni pacati, di sguaiataggini ce ne sorbiamo troppe tutti quanti e tutti i giorni, quindi GRAZIE ai due anonimi che hanno espresso la loro opinione in maniera urbana.

Cominciamo. Fermarsi, o fermare cosa? Smettere di scrivere? Non è giunto quel momento, lo faremo certo, nessuna battaglia è infinita, non ci sono fanti giapponesi dispersi su un'isola del Pacifico, non qui almeno. Ma per ora, e credo per un po' ancora, di cose da dire ce ne sono e ce ne saranno.

Cosa fermare dunque? Vengo al titolo del post. Per fermarsi si dovrebbe essere almeno partiti, nel senso che si potrebbe fermare un'azione concreta, fattuale, contro il PII, qualora l'avessimo effettivamente intrapresa.

Ma così non è, questo blog nasce per discutere, per provocare reazioni, per non appiattirsi sul pensiero unico del "lo sci è bello e il PII è il suo Profeta", per suggerire alternative praticabili. Certo, lo diciamo nel titolo stesso del blog, il tema è limitato, non facciamo i tuttologi o gli arruffapopoli, non siamo novelli beppigrilli tutti chiacchiere e fuoriserie dodici cilindri. Protestiamo, "alziamo la voce", vogliamo pervicacemente affermare che in un piccolo paese della Valle Brembana si sta percorrendo una di quelle vie lastricate di buone intenzioni, ma che conducono dove sappiamo.

Ecco, questo solo facciamo qui, e non vogliamo, non possiamo, non dobbiamo fermarci.

Altri hanno intrapreso forme diverse di opposizione, chi giudiziarie chi attraverso volantinaggi, ci avevano anche chiesto di aderire, ma abbiamo declinato l'invito.
Non crediamo di poter affrontare certi argomenti attraverso i tribunali, come legittimamente ha scelto Legambiente, o con accuse a raffica espresse in toni francamente poco accettabili da altri soggetti, con i quali pure abbiamo avuto modo di confrontarci, ma dei quali non riteniamo condivisibili i metodi usati per esprimere il dissenso. Con ciò non voglio dire che qui siamo dei bonaccioni, tutt'altro, abbiamo anche noi calcato la mano quando lo ritenevamo opportuno, senza per questo dare del criminale ad alcuno. Magari dell'incompetente e dell'inetto sì.

L'obiettivo era ed è, soprattutto, di tipo culturale. Se certi cattivi esempi di amministrazione proliferano un po' ovunque in Italia, ma soprattutto in Lombardia (e parlo di cattiva amministrazione, non di malaffare o di criminalità, quest'ultima attiva principalmente al Sud anche se, ahinoi, le infiltrazioni in "Padania" sono fatti e non leggende) lo dobbiamo essenzialmente a tre fattori: pessime leggi da un lato, lo sfascio della finanza locale nel mezzo, la PERDITA TOTALE DI CULTURA DEL TERRITORIO dall'altro lato.

Si ha un bel dire che la montagna è debole, che bisogna sostenerla, che lo spopolamento è un danno, che il turismo è una risorsa, e bla bla bla, se poi le politiche LOCALI non sono niente di meglio che scimmiottamenti di quel che avviene in pianura, in realtà urbane assai più e meglio strutturate per sopportare certi interventi di trasformazione.
Tutti, sindacucci e assessorucci vari, di ogni paesuccio delle vallucce, ad invocare la loro essenzialità, la loro conoscenza del territorio, la loro lungimiranza, il loro rispetto "quello serio" per l'ambiente, per poi, all'atto pratico, comportarsi come farebbe un qualsiasi loro collega della bassa: servono i soldi per fare la strada? Facciamo un PII, e i soldi ce li daranno i privati. Quella che doveva essere un'eccezione, la negoziazione urbanistica, è diventata la regola, l'unica regola.
Non che la negoziazione in sé sia un male assoluto, se la si sa fare, ma siccome è ampiamente provato che a saperla fare son solo gli operatori immobiliari e i costruttori (vero Sindaco Moratti? Tutto il mondo è paese, anche se il paese si chiama Milano e pretenderebbe di essere una metropoli europea), sarebbe bene, anzi meglio, se questa formula di (s)governo del territorio venisse cestinata una volta per tutte. Invece no, non si lascia, si raddoppia. Allegria!

Come se non bastasse, al danno si aggiunge la beffa: gli sponsor (sponsores per i puristi) da un lato, i fans dall'altro lato, delle peggiori porcate urbanistiche sui monti, sarà un caso, abitano altrove, in pianura, spesso sono proprietari di seconda casa, a volte semplici colonizzatori da fine settimana. Loro si godranno i frutti della dabbenaggine di quei sindacucci di cui sopra, ai residenti veri le briciole, per un po', poi finite quelle, potranno godersi quel che resta: nulla.

Sfortunatamente per Piazzatorre, come per decine di altre località sulle Alpi, anche gli impianti nuovi tendono (incredibile eh?) ad invecchiare, ancor prima che scadano le convenzioni con i gestori e le concessioni d'uso. A quel punto, visto che s'è costruito anche dove c'era il parchetto per i bimbi e non c'è più un cazzo di fazzoletto (scusate il francesismo) di terra su cui costruire ancora, ci si ritroverà sotto l'anfiteatro a chiedersi in che cosa s'è sbagliato.

Non voglio gufare, la mia è semplice cronaca di ciò che è già successo altrove, e nessuno finora ha potuto dimostrare che non succederà più.

Ma, insomma, nessuno si è posto le domande: "perché gli impianti non hanno retto?", "cosa è cambiato dagli anni '70 e '80, per passare dal boom al declino?", "ma le gestioni erano all'altezza?", "unificare il comprensorio era davvero una priorità in assoluto, o lo si poteva fare per gradi?". Lo chiedo non per retorica, ma perché queste semplici questioni sono scomparse dalla discussione in un amen.

L'altra domanda: "per l'unificazione ed il rilancio era indispensabile un PII così invasivo?", la pongo sì con retorica, e la mia risposta è un NO deciso, convinto, basato su logica e razionalità.

Ho sempre difeso l'intervento sulle ex Colonie, non me ne pento, ricostruire ed ampliare la Bergamasca, ristrutturare ed ampliare la Genovese sono cose da fare senza se e senza ma. E poi stop però. Svendere la Tagliata è demenzialità pura. Agli interventi sulle Colonie si potevano chiedere le risorse per gestire gli impianti cinque anni, non era necessario vendersi anche il deretano per portare la gestione a dieci. Un lustro bastava ed avanzava per capire se l'affare c'era o no, ed eventualmente per attivare misure correttive. Macché, tutto e subito. Chissenefrega di quel "boschetto" (quattro ettari d'alto fusto!).

Ma la beffa nella beffa, quella davvero divertente per quanto odiosa, sapete quale è? Che tra i fautori del PII e della trasformazione della Tagliata c'è gente che qui, a Milano, quando la Regione ha deciso di sacrificare il "bosco di Gioia" per il nuovo centro direzionale, ha fatto un casino dell'anima. E siccome li conosco personalmente questi paladini del verde cittadino (c'è verde e verde evidentemente), ogni volta che mi capitano a tiro mi premuro di sputargli in un occhio, in amicizia s'intende. Capito? Il bosco di casa mia è sacro, quello di casa tua vada pure a farsi fottere, che io voglio sciare.

No gentili Anonimi, perdonateci, io, Mara, Claudio, non ce la sentiamo davvero di fermarci.

1 commento:

  1. io non la penso come voi ma andate avanti.
    Sono ridicoli quelli che dicono di fermarsi.

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