Tranquilli, il blog non parlerà tedesco, sappiamo bene che la lingua di Goethe suscita all'istante giustificatissimi timori in noi lombard (si pronuncia "lumbard", con la u, mi raccomando).
Ma il titolo in lingua originale ci serve per evidenziare come "Rinnovare gli sport alpini invernali", (questa la traduzione, magari non precisissima) sia un tema affrontato approfonditamente oltralpe.
La relazione completa, solo in lingua originale, la potete scaricare da questa pagina nel sito della CIPRA - Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi, qui vi riportiamo uno stralcio, tradotto in italiano.
Questo post, che nella sua estrema sinteticità tocca vari argomenti legati al rapporto sport-turismo-territorio, è il primo di una serie che seguirà a breve, dedicati agli sport invernali, in particolare allo sci alpino, e che dovrebbero interessare soprattutto i teorici de "lo sci e gli impianti di risalita servono a rilanciare il turismo in montagna". Bene, per ora non commentiamo, vi lasciamo a questa ed alle successive letture.
Ma il titolo in lingua originale ci serve per evidenziare come "Rinnovare gli sport alpini invernali", (questa la traduzione, magari non precisissima) sia un tema affrontato approfonditamente oltralpe.
La relazione completa, solo in lingua originale, la potete scaricare da questa pagina nel sito della CIPRA - Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi, qui vi riportiamo uno stralcio, tradotto in italiano.
Questo post, che nella sua estrema sinteticità tocca vari argomenti legati al rapporto sport-turismo-territorio, è il primo di una serie che seguirà a breve, dedicati agli sport invernali, in particolare allo sci alpino, e che dovrebbero interessare soprattutto i teorici de "lo sci e gli impianti di risalita servono a rilanciare il turismo in montagna". Bene, per ora non commentiamo, vi lasciamo a questa ed alle successive letture.
Rinnovare gli sport alpini invernali
La crisi degli sport invernali è diffusa. Dopo lunghi anni di forte crescita, in molte località la frequentazione, a livello di turismo di massa, è scesa a partire dalla metà degli anni'80.
La vera e propria fase di euforia nei confronti dello sci alpino è stata sperimentata negli anni ‘70: funivie e impianti di risalita, nonché aree attrezzate per sport invernali costituirono all’epoca la spina dorsale di una società del benessere nella quale molti potevano permettersi vacanze invernali.
In molte regioni alpine è stato in quello stesso periodo che si è perpretato il “sacco” dei terreni sui quali costruire le seconde case, deturpando paesaggi tradizionali e talvolta distruggendo borghi storici.
La crisi del turismo alpino iniziata tra la fine degli anni'80 e la metà degli anni'90 ha interessato, in particolare, Svizzera, Austria e Germania.
L’Italia ha rappresentato un eccezione al trend degli altri Paesi alpini, almeno fino alla stagione 1998/1999, grazie soprattutto a politiche di svalutazione della moneta nazionale che generavano, tra l’altro, effetti attrattivi nei confronti del turismo estero, forte di un maggior potere d’acquisto.
Oggi tuttavia si può affermare che nel medio - lungo termine il turismo invernale sulle Alpi non potrà trovare nuovo slancio, causa una serie di fattori, ambientali, climatici, economici, demografici.
Il fattore demografico è il più interessante da analizzare a livello macroeconomico: la percentuale di persone anziane, a causa dei bassi tassi di natalità in Europa, è in aumento, e nonostante l'immigrazione da Paesi extraeuropei, gli anziani rappresenteranno per consistenza il gruppo più importante a livello target per il turismo montano, ma non certamente nella sua componente “sport invernali”.
Ciò perché i turisti più anziani assegnano un alto valore alle opportunità ricreative rappresentate da paesaggi di elevata qualità e per molti di loro gli sport inverali non hanno posseggono alcun appeal, spesso anche in relazione alla capacità economica personale.
Il fattore climatico è altrettanto determinante: tra gli effetti del fenomeno noto come “riscaldamento globale” del pianeta, vi è quello di avere drasticamente ridotto la quantità di neve che cade sulle Alpi e la durata dell’innevamento naturale.
In Svizzera, per esempio, il limite delle nevi si è innalzato dai 1200 m ai 1500 m s.l.m. e le stazioni innevate durante la stagione invernale sono l’85% del totale; in prospettiva, nel 2050, saranno solo il 63%. Contemporaneamente decresce il numero di giornate idonee per sciare. Ciò è comune all’intero versante Sud delle Alpi, dove si riscontra la non redditività delle attività sciistiche, perfino in stazioni come "Les Portes du Soleil" a Wallis / Alta Savoia, Kitzbühel in Tirolo o Kranjska Gora in Slovenia.
Il ricorso all’innevamento artificiale non potrà, da solo, restituire competitività agli impianti che, in ogni caso, dovrebbero essere collocati a quote più elevate di quelle attuali, con costi finanziariamente difficilmente sostenibili se non a fronte di sostanziosi contributi pubblici a carico, quindi, dei contribuenti. Assai difficilmente potrebbero reperirsi aiuti da soggetti privati, banche in primo luogo, che da anni declinano le richieste di finanziamenti nei confronti di attività legate agli sport invernali, ritenute sempre più rischiose e sempre meno redditizie.
La vera e propria fase di euforia nei confronti dello sci alpino è stata sperimentata negli anni ‘70: funivie e impianti di risalita, nonché aree attrezzate per sport invernali costituirono all’epoca la spina dorsale di una società del benessere nella quale molti potevano permettersi vacanze invernali.
In molte regioni alpine è stato in quello stesso periodo che si è perpretato il “sacco” dei terreni sui quali costruire le seconde case, deturpando paesaggi tradizionali e talvolta distruggendo borghi storici.
La crisi del turismo alpino iniziata tra la fine degli anni'80 e la metà degli anni'90 ha interessato, in particolare, Svizzera, Austria e Germania.
L’Italia ha rappresentato un eccezione al trend degli altri Paesi alpini, almeno fino alla stagione 1998/1999, grazie soprattutto a politiche di svalutazione della moneta nazionale che generavano, tra l’altro, effetti attrattivi nei confronti del turismo estero, forte di un maggior potere d’acquisto.
Oggi tuttavia si può affermare che nel medio - lungo termine il turismo invernale sulle Alpi non potrà trovare nuovo slancio, causa una serie di fattori, ambientali, climatici, economici, demografici.
Il fattore demografico è il più interessante da analizzare a livello macroeconomico: la percentuale di persone anziane, a causa dei bassi tassi di natalità in Europa, è in aumento, e nonostante l'immigrazione da Paesi extraeuropei, gli anziani rappresenteranno per consistenza il gruppo più importante a livello target per il turismo montano, ma non certamente nella sua componente “sport invernali”.
Ciò perché i turisti più anziani assegnano un alto valore alle opportunità ricreative rappresentate da paesaggi di elevata qualità e per molti di loro gli sport inverali non hanno posseggono alcun appeal, spesso anche in relazione alla capacità economica personale.
Il fattore climatico è altrettanto determinante: tra gli effetti del fenomeno noto come “riscaldamento globale” del pianeta, vi è quello di avere drasticamente ridotto la quantità di neve che cade sulle Alpi e la durata dell’innevamento naturale.
In Svizzera, per esempio, il limite delle nevi si è innalzato dai 1200 m ai 1500 m s.l.m. e le stazioni innevate durante la stagione invernale sono l’85% del totale; in prospettiva, nel 2050, saranno solo il 63%. Contemporaneamente decresce il numero di giornate idonee per sciare. Ciò è comune all’intero versante Sud delle Alpi, dove si riscontra la non redditività delle attività sciistiche, perfino in stazioni come "Les Portes du Soleil" a Wallis / Alta Savoia, Kitzbühel in Tirolo o Kranjska Gora in Slovenia.
Il ricorso all’innevamento artificiale non potrà, da solo, restituire competitività agli impianti che, in ogni caso, dovrebbero essere collocati a quote più elevate di quelle attuali, con costi finanziariamente difficilmente sostenibili se non a fronte di sostanziosi contributi pubblici a carico, quindi, dei contribuenti. Assai difficilmente potrebbero reperirsi aiuti da soggetti privati, banche in primo luogo, che da anni declinano le richieste di finanziamenti nei confronti di attività legate agli sport invernali, ritenute sempre più rischiose e sempre meno redditizie.
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