Prima però, la dovuta e necessaria polemica: certi commenti, pur educati, sono un po' la dimostrazione di quanto bene la nostra cialtrona classe politica di destra, sinistra, sopra e sotto, sia specchio dell'elettorato. Basta portare un dato, un numero, una statistica, che minano le certezze del luogocomunismo in voga, e subito si diventa talebani, crociati, disfattisti, seminatori di pessimismo. In compenso le chiacchere fatte con, quante persone, trenta? cinquanta? assurgono a sondaggio di Mannheimer o Pagnoncelli, secondo i gusti. Come diceva Moretti, "andiamo avanti così, facciamoci del male".
da "Impresa Innovazione - Periodico di informazione su progetti e iniziative di Trentino Sviluppo per il territorio", n. 7, aprile 2010
Piste da sci ed impianti di risalita sono il volano di un business che vale complessivamente oltre un miliardo di euro. Eppure i conti delle società funiviarie spesso mostrano segnali di difficoltà. L’indagine condotta dal Dipartimento turismo della Provincia di Trento sui bilanci 2004-2007 delle 41 società di capitali attive sul territorio provinciale parla chiaro: 9 società su 41 (il 22%) posseggono una redditività positiva a livello globale, mentre quelle con andamenti altalenanti rappresentano la maggioranza.
L’analisi evidenzia la ridotta redditività diretta delle società funiviarie (il rendimento del capitale investito non supera mediamente il 3-4%), che abbinata ai bassi livelli di autofinanziamento non consente di sostenere con facilità i rilevanti investimenti di sostituzione e aggiornamento degli impianti o di ampliamento dei caroselli sciistici. Rimane peraltro vero che la redditività va valutata nel suo insieme, comprensivo di attività redditizie quali noleggi, ristorazione e ospitalità, talvolta gestita direttamente dalle stesse società impiantistiche, nonché attività immobiliari che a loro volta garantiscono nel medio-lungo periodo un’integrazione significativa della redditività aziendale diretta (traduco: in assenza di immobili a reddito, ovvero sia locati, di proprietà delle società di risalita, gli impianti possono essere tenuti assieme solo costruendo palazze a ripetizione. Il che non è gran bello).
Andiamo avanti.
"Il settore dello sci da discesa, come ben evidenziato dallo studio dell’Università Bocconi, è in crisi. Le vendite delle attrezzature sono drasticamente diminuite e l’aumento della pratica dello snowboard sopperisce solo in minima parte al calo iniziato nei primi anni ’90. Da sport di massa lo sci sta inesorabilmente diventando una disciplina sempre più elitaria non più alla portata della maggior parte della popolazione. Conseguentemente il mercato si sta restringendo, inducendo una concorrenza sempre più aspra tra le varie stazioni sciistiche". Fonte: Questo Trentino, 17 maggio 2008
"Certamente non si può dire che nella scorsa stagione invernale sia mancata la neve, tuttavia i dati pubblicati da Skipass Panorama Turismo, evidenziano un calo di presenze nella maggior parte delle località sciistiche del nostro Paese. Considerando la crisi economica globale, la situazione non è drammatica : un calo medio del 5% delle presenze e un rispettivo decremento del 3,1% dei fatturati devono essere considerati il punto di partenza per un'approfondita riflessione sull'attuale proposta turistica". Fonte: Neveitalia, 15 ottobre 2010
"Una recente ricerca condotta dal CISET sul turismo invernale nelle Alpi italiane ha rilevato come nella stagione invernale la pratica sciistica non rappresenti più oggi la motivazione principale per recarsi in montagna. Se il 51,8% dei turisti raggiunge le località alpine italiane per sciare, il 48,1% anche in inverno lo fa per praticare altre attività come "rilassarsi".
Pur rappresentando ancora il core business del turismo invernale della maggior parte delle località alpine l'industria della neve non è certo quella che offre un elevato grado di ricaduta e degli investimenti e della spesa corrente dei turisti sull'economia locale. [...] Stimolati dalle avvisaglie della "crisi di innevamento" molte destinazioni turistiche competitive hanno iniziato negli ultimi anni a proporre formule di turismo invernale "alternative" basate sul benessere, l'enogastronomia, il turismo culturale, le attività sportive soft all'aria aperta.
Dove il rapporto posti letto in strutture alberghiere e in seconde case è elevato la necessità di offrire proposte di qualità è ovviamente più forte. In Valsassina il turismo è basato in larghissima misura sulla seconda casa. In assenza di un forte settore alberghiero gli stimoli a diversificare e qualificare l'offerta turistica sono meno sentiti, meno immediati. Sono le case vuote, difficili da vendere e ancor più da affittare che spingono a fare qualcosa per ridare valore al "mattone". Ma se si pensa di agire sul solo fronte dello sci per risolvere il problema però non si fa altro che ritardare una crisi più grave e profonda. Anche perché altre destinazioni non stanno con le mani in mano". Fonte: Ruralpini.it, 24 febbraio 2010
"1. Nelle classiche stazioni sciistiche della Svizzera i ricavi da trasporti ristagnano negli ultimi 15 anni – è in corso una competizione tendente a spiazzare la concorrenza. Nello stesso periodo, i costi relativi all’innevamento artificiale, alla preparazione delle piste, al servizio di soccorso, alla caduta controllata delle valanghe e alla sicurezza sono cresciuti, passando dal 5% ad un quarto delle spese di gestione (esplosione dei costi).
2. In questo contesto il Cantone Ticino offre una cattiva situazione di partenza per la gestione di stazioni sciistiche, situazione certamente destinata a peggiorare in futuro. Tutte le stazioni sciistiche alpine del Ticino lavorano in perdita. Le stazioni sciistiche ticinesi (a confronto con il resto della Svizzera si tratta di aree piccole e piccolissime) non sono riuscite ad affrontare adeguatamente l’esplosione dei costi nel settore.
3. I cambiamenti climatici e il continuo innalzamento del limite con certezza della neve nel Ticino a 1500 m.s.l.m., e a lungo termine a 1800 m.s.l.m., per sempre più stazioni invernali rende la gestione di impianti sciistici nel Ticino insensata dal punto di vista economico ed ecologico.
4. Sono pochissimi i turisti che si recano nel Ticino con l’intenzione primaria di andare a sciare. I target attuali e futuri delle stazioni sciistiche sono per circa l’80-90% la popolazione locale (ticinesi o persone domiciliate in Ticino), per circa il 10-15% italiani della Lombardia o del Piemonte e per circa il 5%-10% diversi. Fra i ticinesi circa il 10-15% sono associazioni sportive o scuole. Ad eccezione degli ospiti italiani, praticamente tutti godono di tariffe fortemente scontate (Bastar..!). Le stazioni sciistiche quindi operano in un mercato poco interessante (vedi anche il Capitolo 7 sulla Ticinocard; ricavi per primi passaggi: Ticino Fr. 16.40, Splügen Fr. 21.80, Lenk Fr. 25.60, Alta Engadina Fr. 41.00).
5. Per nessuna delle stazioni sciistiche esiste un business plan con scenari realistici degli sviluppi dei ricavi e con una pianificazione finanziaria. La gamma delle offerte è stretta e uniforme.
6. A Carì e Bosco Gurin gli investimenti sono stati eccessivi e, con ogni evidenza, senza alcuna base economico-aziendale. Essi sono basati su argomentazioni di politica regionale e per la maggior parte finanziati dall’ente pubblico. In queste aree i gestori, gli azionisti, i finanziatori ed altri stakeholder si trovano davanti a un mucchio di cocci e di risanamenti inevitabili. I risanamenti finanziari previsti a Carì e Bosco Gurin sono già a priori destinati a fallire in quanto non contengono misure economico-aziendali efficaci". Fonte: Messaggio n. 6129/2008 del Consigliere Marco Borradori al Consiglio di Stato del Canton Ticino.
Proseguiamo?
Il turismo sulle Alpi:
- Balneare e lacuale 36%
- Arte e città 28,1%
- termale 3,9%
- Ambientale 1,0%
- sportivo 2,5%
- enogastronomico 0,7%
- montano invernale 4,1%
- montano estivo 10,8%
- business e altro 12,3%
Secondo CIPRA, il turismo alpino estivo realizza un fatturato complessivo
nettamente superiore di quello invernale (dato medio: nelle località a forte vocazione sciistica il fatturato invernale può essere superiore). Sulle Alpi italiane la percentuale di presenze nel periodo invernale è maggiore e più vicina (ma non superiore) a quelle registrate nel periodo estivo. Fonte: CAI - Club Alpino Italiano, "L'impatto ambientale dello sci", 18 settembre 2010
E ancora:
"E’ un dato di fatto ormai assodato da anni che tutte le stazioni sciistiche difficilmente riescono a chiudere i propri bilanci annuali in attivo, facendo affidamento sulle sole entrate derivanti dagli skipass o dall’utilizzo degli impianti di risalita. Da qui la necessità che gli Enti pubblici e la Regione (Piemonte, n.d.r.) per prima si accollino la responsabilità di garantire maggiore sicurezza per i fruitori delle piste (attuando a livello locale la legge nazionale 363/2003) e l’onere anche economico di sostenere tutte le realtà montane, che spesso trovano difficoltà a decollare”. Più soldi pubblici per pochi, evviva! Fonte: Eliorostagno.it, sito del consigliere regionale PD Elio Rostagno (bravo Rostagno, bravo, meno tasse per tutti eh?).
Et dulcis in fundo:
"La tecnologia attuale degli impianti di risalita consente indubbiamente un impatto ambientale meno gravoso che nel passato, grazie ad una maggiore portata e a percorsi più lunghi; la sostituzione di impianti obsoleti determina quindi una riduzione degli effetti negativi sull’ambiente. Non è comunque garantito che l’ampliamento del
demanio sciabile, anche attraverso i collegamenti, produca effetti benefici al turismo dell’area. I costi degli interventi sono molto alti, la fruizione dei collegamenti non sempre agevole (specie se effettuata in alta quota), il sistema ricettivo non sempre adeguato a recepire un incremento consistente di domanda (atteso ed economicamente indispensabile per giustificare gli interventi). In molte piccole stazioni con scarsa offerta di piste, un modesto ampliamento delle piste o degli impianti può significare ben poco in termini di competitività della stazione; diversamente i costi degli interventi e le condizioni di ammortamento, connesse alla fruibilità, possono incidere pesantemente per anni nella gestione degli impianti.
Tutto questo porta a ritenere che sia oggi opportuno intervenire con ampliamenti e collegamenti solo dove vi siano ragionevoli condizioni di effettivo incremento competitivo della stazione. Diversamente sarebbe largamente auspicabile cominciare a prevedere una diversificazione dell’orientamento della località (dallo sci ad altre attività) per quelle stazioni che non hanno più le condizioni (climatiche e di mercato) per reggere la competizione in un mercato del turismo della neve saturo ed estremamente esigente. Fonte: Macchiavelli A., docente di economia del turismo all'università di Bergamo, in "Problemi e prospettive del turismo della neve", 2006
Può bastare?