domenica 21 settembre 2008

The Expansions of Second Homes. Cusé ca t'é dì?

Nella nostra Italia la costruzione di seconde case non è argomento che innesca interesse, curiosità, ricerche. Diciamo che è più vista come un fenomeno naturale, tipo la pioggia o il vento. Del resto, nel Paese dove avvocati fantasiosi hanno inventato il concetto di "vocazione edificatoria" dei suoli, trovando giudici di non acutissima intelligenza a dar loro ragione, perché mai l'ineluttabile destino di un pezzo di terra dovrebbe essere qualcosa di diverso dall'ospitare un edificio e dunque, magari, una seconda (o terza, o quarta secondo le possibilità) casa.

Che pretendere dunque dai nostri amministratori comunali? Che s'arrovellino nel dubbio se anabolizzare o no l'espansione delle loro cittadine? Suvvia, non scherziamo. Alcuni, i più raffinati, si lanciano al limite in azzardate analogie tra la città ed il corpo umano, sostenendo senza mettersi a ridere che una città che non cresce, che non si "sviluppa" è destinata a morire. In quale bigino enciclopedico abbiano letto che sviluppo è sinonimo di crescita e che entrambi siano sinonimi di espansione non è dato sapere, ma in fondo, chissenefrega.

All'estero certi argomenti li prendono un po' più seriamente, tanto da farci persino convegni, pensa un po' che tarlocchi.

Siccome siamo masochisti ci siamo tradotti un'interessante relazione, di cui vi proponiamo una sintesi:

L'ESPANSIONE DELLE SECONDE CASE COME PROBLEMA PER LE POLITICHE DI RICERCA E SVILUPPO
L'uso di seconde case è stato un’importante espressione dell’utilizzo di tempo libero e vacanze, nonché un elemento determinante nei cambiamenti apportati al'uso del territorio e ai modelli di organizzazione spaziale. Addirittura taluni sostengono sostiene che le trasformazioni di intere zone un tempo rurali, connesse al “consumo ricreativo” siano tra i più significativi elementi di ristrutturazione rapporto città-campagna, dalla fine degli anni ’60 del secolo scorso.
Quello della casa da utilizzare per le vacanze è un fenomeno diffuso in molti Paesi europei, a tutte le latitudini, dalla Scandinavia al Mediterraneo, ed è un fenomeno che dovrebbe essere inteso come un importante indicatore del cambiamento di stili di vita.
In un’analisi condotta nel 2005 sul caso della diffusione di seconde case nella regione di Stoccolma, pur convenendo nel definire la seconda casa come una "privata dimora, temporaneamente utilizzata per il tempo libero da persone che hanno la loro residenza permanente in altro luogo". Si è arrivati a sostenere che esse sono diventate una parte dell’attuale complessità dei modelli di mobilità, e che hanno contribuito alla formazione di una classe di cittadini part-time, residenti in città così come nelle campagne.
Pur rappresentando un importante fenomeno socio-culturale, economico, ambientale e, ipso facto, di uso del territorio e di politica di sviluppo territoriale, nonché un problema di pianificazione, il fenomeno delle seconde case è stato sottovalutato nella ricerca geografica, sia teorica che applicata.
In realtà, è la corretta nozione di seconda casa a “soffrire” come categoria concettuale, come evidenziato quando si cerca di cogliere la complessità delle spinte che muovono la richiesta di questo tipo di abitazione.
Una proposta nata sulla scorta degli studi svolti in Norvegia per comprendere i fattori motivanti l’acquisto e l’utilizzo di seconde case in relazione alle prospettive di investimento e degli scenari di pianificazione, ha visto nascere l’espressione "casa ricreativa", come derivazione diretta dai concetti di attività ricreative e tempo libero assunti quali le più importanti motivazioni ed attività connesse a queste case: un modello alternativo a quello del turismo itinerante, e caratterizzato, al contrario di quello, dalla ripetitività.
Le seconde case sembrano appartenere ad un modello di società in cui è cessato, o comunque assai poco significativo il ruolo economico dei territori extraurbani, nei quali l'uso dei terreni agricoli ha perso d’interesse in favore di attività più redditizie, quali sviluppi urbani, strutture ricreative, infrastrutture.
Una cosa è certa: l’espansione urbana per mezzo di seconde case costituisce un importante agente di cambiamento in molte zone rurali, tuttavia, l'impatto effettivo che tale tipologia di sviluppo può causare sui servizi sociali, le infrastrutture, l'utilizzo del territorio, le attività economiche, la mobilità, non è stato ancora discusso sistematicamente.
Per comprendere quanto ciò sia deleterio basta uno sguardo a quanto è avvenuto nel sud della Spagna, dove l’espansione di seconde case è stata così massiccia da portare all'esaurimento del suolo urbano, ed al degrado del paesaggio e dell’ambiente, al deficit di infrastrutture urbane e di servizi sociale, nonché ad un generale calo di qualità della vita e persino della sicurezza delle città.
In Portogallo il fenomeno è ancor più evidente, l'espansione delle seconde case ha raggiunto livelli abnormi: negli anni ‘90 il numero di seconde case è aumentato del 40%, cosicché nel 2001 corrispondeva al 20% delle abitazioni complessive. Il risultato è stato la crisi della sostenibilità dell’organizzazione spaziale e delle politiche / attività di gestione, trasformando gli utenti di seconde case in gruppi organizzati d’interesse, esercitanti un’influenza estremamente rilevante sulle comunità locali e sui loro amministratori.
Cinque anni più tardi (2006) il governo portoghese nel riconoscere l'importanza strategica del fenomeno “seconda casa” come un fattore di sviluppo regionale o locale, nel programma nazionale per la pianificazione territoriale (2006) raccomandava di controllarne l’espansione, a causa dei suoi effetti sull’uso del suolo e sul paesaggio.


Il testo originale lo trovate qui. Buona lettura.

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