Prendo spunto dal post precedente e dai commenti che ne sono seguiti, per spiegare cosa intendiamo per quota fisiologica di seconde case nelle località turistiche.
Con questa espressione vogliamo esprimere un concetto alla base del quale sta l'affermazione che una località turistica vive "anche" di seconde case, fino a che queste non diventano così numerose da soffocare il territorio con la loro presenza, rendendolo meno piacevole, meno attrattivo.
Consideriamo "fisiologica" una percentuale di seconde case, o meglio di posti letto in seconda casa, pari a quella dei posti letto utilizzati dai residenti effettivi, non in base a dati o sperimentazioni ma sulla base di stime e valutazioni, sia pure empiriche, conseguenti ad esperienze conosciute, o vissute, che riguardano la fornitura di servizi alla comunità e la capacità di un territorio di assorbire senza eccessivi impatti negativi il consumo di una sua parte.
A nostro avviso paesi di montagna occupati permanentemente da poche centinaia di abitanti sono in grado di organizzare una adeguata fornitura di servizi minimi essenziali solo se la popolazione "non residente" (turisti + lavoratori non residenti) non supera ordinariamente quella "residente" e, nei momenti di massimo afflusso contemporaneo, la supera entro limiti contenuti.
Per fare un esempio pratico: se per "x" abitanti residenti un paese arriva con gli occupanti le seconde case ad avere, complessivamente, due volte "x", ci si può organizzare egregiamente, se in quel paese ci sono anche alberghi o altre strutture ricettive (B&B, campeggi, affittacamere professionali), si può anche pensare di arrivare, sempre complessivamente, a tre volte "x", magari con qualche patema in più, ma ce la si può fare, e un territorio può anche non apparire particolarmente assediato da edifici collocati ovunque vi sia un minimo di stabilità dei terreni.
Quando questi valori vengono superati, iniziano i problemi e se da "x" si passa a cinque, sei, dieci o venti (!) volte "x", i problemi diventano sempre più ingestibili.
Nelle più blasonate località alpine italiane, si registra una presenza di seconde case che, da sole, offrono posti letto pari a tre - quattro - cinque volte i residenti, e tutte le analisi convergono nel ritenere che ciò ha contribuito a far diminuire drammaticamente l'attrattività di quei luoghi. A Piazzatorre ci sono seconde case per un numero di posti letto che è pari a circa quindici volte quello dei residenti effettivi, un record (negativo) con pochi rivali nelle Alpi, se non è "patologia" questa.
Vogliamo raccontarci che c'è bisogno di altre seconde case? Vogliamo sostenere, senza metterci a ridere, che una simile prospettiva garantirà la capacità di adeguare l'offerta di servizi alla domanda nei periodi "di punta"? Io ho finito da un pezzo di credere alle favole, non so voi.
Con questa espressione vogliamo esprimere un concetto alla base del quale sta l'affermazione che una località turistica vive "anche" di seconde case, fino a che queste non diventano così numerose da soffocare il territorio con la loro presenza, rendendolo meno piacevole, meno attrattivo.
Consideriamo "fisiologica" una percentuale di seconde case, o meglio di posti letto in seconda casa, pari a quella dei posti letto utilizzati dai residenti effettivi, non in base a dati o sperimentazioni ma sulla base di stime e valutazioni, sia pure empiriche, conseguenti ad esperienze conosciute, o vissute, che riguardano la fornitura di servizi alla comunità e la capacità di un territorio di assorbire senza eccessivi impatti negativi il consumo di una sua parte.
A nostro avviso paesi di montagna occupati permanentemente da poche centinaia di abitanti sono in grado di organizzare una adeguata fornitura di servizi minimi essenziali solo se la popolazione "non residente" (turisti + lavoratori non residenti) non supera ordinariamente quella "residente" e, nei momenti di massimo afflusso contemporaneo, la supera entro limiti contenuti.
Per fare un esempio pratico: se per "x" abitanti residenti un paese arriva con gli occupanti le seconde case ad avere, complessivamente, due volte "x", ci si può organizzare egregiamente, se in quel paese ci sono anche alberghi o altre strutture ricettive (B&B, campeggi, affittacamere professionali), si può anche pensare di arrivare, sempre complessivamente, a tre volte "x", magari con qualche patema in più, ma ce la si può fare, e un territorio può anche non apparire particolarmente assediato da edifici collocati ovunque vi sia un minimo di stabilità dei terreni.
Quando questi valori vengono superati, iniziano i problemi e se da "x" si passa a cinque, sei, dieci o venti (!) volte "x", i problemi diventano sempre più ingestibili.
Nelle più blasonate località alpine italiane, si registra una presenza di seconde case che, da sole, offrono posti letto pari a tre - quattro - cinque volte i residenti, e tutte le analisi convergono nel ritenere che ciò ha contribuito a far diminuire drammaticamente l'attrattività di quei luoghi. A Piazzatorre ci sono seconde case per un numero di posti letto che è pari a circa quindici volte quello dei residenti effettivi, un record (negativo) con pochi rivali nelle Alpi, se non è "patologia" questa.
Vogliamo raccontarci che c'è bisogno di altre seconde case? Vogliamo sostenere, senza metterci a ridere, che una simile prospettiva garantirà la capacità di adeguare l'offerta di servizi alla domanda nei periodi "di punta"? Io ho finito da un pezzo di credere alle favole, non so voi.
Nessun commento:
Posta un commento