Avevamo anticipato che avremmo dedicato un post a spiegare cosa è un Programma Integrato di Intervento e quali sono i suoi scopi.
Per far questo ci siamo rivolti ad un soggetto particolarmente qualificato, un funzionario pubblico di alto rango, che da molti anni opera nell'urbanistica.
Il nostro interlocutore lavora presso la Regione. Quando gli abbiamo spiegato le ragioni della nostra intervista ha accettato di collaborare, ma solo dopo aver avuto assicurazione del fatto che non avremmo pubblicato il suo nome.
Ciò che segue è l'esatta trascrizione dell'intervista, abilmente stenografata da una mia collaboratrice, Ivana, che ringrazio a nome di tutta la squadra di Salviamopiazzatorre.
Le domande le ho poste io, Paolo.
D. Grazie per avere accettato l'incontro. Ci dice cosa sono i programmi integrati di intervento (PII) e a cosa servono?
R. Cercherò di essere il più chiaro possibile, voi non vi rivolgete ad un pubblico specializzato, giusto?
P. Esatto.
R. Essenzialmente sono strumenti urbanistici, un po' particolari, ma comunque volti a decidere cosa fare in una determinata porzione del territorio di un comune: quali funzioni insediare, in che tipo di strutture, quali opere (strade, piazze, impianti) sono necessarie, quali servizi devono accompagnare la realizzazione delle opere.
D. Si usano spesso?
R. Molto, sì, molto spesso. Sono diventati il mezzo principale per pianificare il territorio, piani regolatori a parte.
D. Piani di Governo del Territorio?
R. Siete preparati vedo. I Piani di Governo del Territorio sono gli strumenti di pianificazione urbanistica generale più recenti. Pochi comuni li hanno già approvati, tutti gli altri dovranno farlo entro l'anno prossimo, ma per ora si devono avvalere dei vecchi prg, ed i programmi integrati vengono utilizzati per apportare varianti ai prg.
D. Quindi i PII vengono utilizzati per apportare varianti urbanistiche.
R. Certo, nella maggior pare dei casi i PII sono varianti ai piani generali, e poi i comuni li utilizzano per "portare a casa" più denaro e più opere.
D. Legalmente?
R. Sì. I PII sono strumenti che prevedono la possibilità, per il comune, di pretendere quelli che sono stati definiti "standard qualitativi" ovvero maggiori oneri a carico degli operatori, in termini di opere o aree cedute, o denaro che viene versato nelle casse del comune.
D. Chi approva un PII?
R. Il comune. Solo in pochi casi, ovvero sia per quei PII che rientrino nella definizione di strumento di interesse regionale, per esempio se c'è di mezzo un centro commerciale o infrastrutture di interesse regionale o statale, allora interviene la Regione attraverso una procedura detta accordo di programma. Altrimenti è il comune a promuovere il programma, ad adottarlo ed infine ad approvarlo.
D. Senza che nessun altro interferisca?
R. Per i PII in variante è obbligatorio chiedere il parere della provincia.
D. Quindi un comune non può approvare un PII se la provincia dice di no.
R. In teoria è così..
D. Ma?
R. Ma i casi in cui una provincia è davvero in grado di incidere su un PII si contano sulle dita di una mano. In realtà le province devono fare sì i piani territoriali di coordinamento, ma la verità è che sono piani quasi totalmente privi di efficacia.
D. Ah! E perché?
R. (esita un po', ndr) La legge regionale non lascia molto spazio alle province, la politica della Regione, in tema di territorio, è di lasciar fare ai comuni quasi tutto quello che vogliono.
D. Per quale ragione?
R. Il peso politico dei comuni è nettamente superiore a quello delle province.
D. E il territorio ne fa le spese.
R. Diciamo che, tecnicamente, la scelta della Regione non è giustificata appieno.
D. Torniamo ai PII. Lei ritiene vengano utilizzati bene?
R. A volte sì, a volte no. Spesso lo spirito originario della legge sui PII, che in Lombardia esistono dal 1999, viene tradito. I PII erano stati pensati per superare le rigidità dei prg, ma anche per innalzare la qualità delle trasformazioni del territorio operate in variante ai prg.
D. E invece?
R. Invece, troppo spesso si sono tramutati in banali piani di lottizzazione, oltretutto utilizzati per "fare le varianti" laddove una variante ordinaria non si sarebbe potuta fare attraverso altri strumenti urbanistici.
D. Chi controlla se un PII risponde alla legge?
R. Nessuno.
D. Prego?
R. Nessuno, i controlli di legittimità sono stati abrogati da anni, in tutta Italia, la norma era nazionale, una delle leggi Bassanini.
D. Quindi uno strumento così delicato, se non è d'interesse regionale e quindi se non ci siete di mezzo voi, il comune se lo approva senza che nessuno dica nulla neppure in caso di violazioni di legge?
R. In teoria è possibile, le province non possono valutare la legittimità degli atti adottati dai comuni. Certo per i sindaci la responsabilità sarebbe gravissima, anche penale.
D. Mi scusi, ma non crede che sarebbe necessario controllare di più l'utilizzo di strumenti come questi?
R. Vede, oggi l'autonomia dei comuni è fortissima, la Costituzione è cambiata, di fatto sono loro i primi artefici del loro destino. Lo Stato non ha pressoché più competenze in materia urbanistica, le regioni dettano la disciplina e quindi è la politica di ciascuna regione a decidere sino a che punto si vuole essere incisivi rispetto all'autonomia dei comuni. La Lombardia ha scelto la strada di una sussidiarietà molto spinta, può piacere o no ma è così.
D. Detto molto brutalmente, lo sapete che ci sono comuni che con i PII ci giocano in modo un po' disinvolto, vero?
R. E' una delle voci che girano.
D. Lasciamo stare. Prima di chiederle l'intervista le ho accennato al caso concreto che ci sta a cuore, senza fornirle dati più precisi, glieli sottopongo ora (gli passo una copia del documento di sintesi del PII ed altri documenti in mio possesso). Li legga al volo e mi dica il suo pensiero. (sfoglia rapidamente la documentazione, per un paio di minuti, soffermandosi sui dati principali)
R. Eh, un bel programmino!
P. Si, eh?
D. Cosa la colpisce?
R. Se quel che si dice qui risponde al vero, con un solo PII realizzano abitazioni sufficienti a raddoppiare la popolazione, certo, è tutto relativo, in un paese di cinquanta anime basta costruire quattro case e la popolazione rischia di aumentare del trenta per cento, qui poi si dice che ci sono seconde case per oltre settemila persone, una bella botta. Certo non mi sembra un programma ispirato alla lungimiranza, però, che vuole che li dica, in sé l'operazione non sembra illecita.
D. Inopportuna?
R. Non saprei.
D. Urbanisticamente inopportuna?
R. Questo è possibile, forse probabile. Urbanisticamente inutile direi.
D. Cioè?
R. Inutile, inadeguata rispetto agli obiettivi del comune. Operazioni di questo genere non sono una novità. Alla fine, ovvero trascorsi tot anni dall'attuazione tutti scoprono che chi ci guadagna davvero sono gli operatori, ai comuni restano le briciole, a volte neppure quelle perché gli tocca mettere i soldi per rimediare ai danni o alle manchevolezze degli operatori privati.
D. Ma i PII non sono strumenti negoziali? Non prevedono una convenzione?
R. Certo, ovvio. Ma lei crede che un comune di questa dimensione (Piazzatorre, ndr) abbia la forza e la capacità di negoziare con gente che negozia tutti i santi giorni da anni, con decine di amministrazioni diverse, anche ben più strutturate e organizzate di questa? E poi chi pensa che scriva le convezioni?
D. I privati?
R. E certo! I Comuni se va bene le modificano un po'. Se no si limitano a firmarle.
D. Un'altra domanda. La valutazione ambientale, può avere un ruolo per limitare i danni?
R. Se ben fatta sì, tuttavia tenga conto che nella maggior parte dei casi la si affronta semplicemente come procedura, non come disciplina scientifica. Una volta redatti documenti come questo (il documento di sintesi, ndr) ci si toglie il pensiero affermando che non ci sono problemi per l'ambiente, ma il più delle volte è vero il contrario.
D. Insomma, sperare in una pianificazione urbanistica più accorta è utopico.
R. (allarga le braccia)
P. Grazie dottore, arrivederci.
R. Arrivederci.
MORALE: i disastri sono dietro l'angolo, ma stavolta, i loro padri, anche se sono più d'uno (la politica ha leggi diverse da quelle della biologia), non sono ignoti.
Per far questo ci siamo rivolti ad un soggetto particolarmente qualificato, un funzionario pubblico di alto rango, che da molti anni opera nell'urbanistica.
Il nostro interlocutore lavora presso la Regione. Quando gli abbiamo spiegato le ragioni della nostra intervista ha accettato di collaborare, ma solo dopo aver avuto assicurazione del fatto che non avremmo pubblicato il suo nome.
Ciò che segue è l'esatta trascrizione dell'intervista, abilmente stenografata da una mia collaboratrice, Ivana, che ringrazio a nome di tutta la squadra di Salviamopiazzatorre.
Le domande le ho poste io, Paolo.
D. Grazie per avere accettato l'incontro. Ci dice cosa sono i programmi integrati di intervento (PII) e a cosa servono?
R. Cercherò di essere il più chiaro possibile, voi non vi rivolgete ad un pubblico specializzato, giusto?
P. Esatto.
R. Essenzialmente sono strumenti urbanistici, un po' particolari, ma comunque volti a decidere cosa fare in una determinata porzione del territorio di un comune: quali funzioni insediare, in che tipo di strutture, quali opere (strade, piazze, impianti) sono necessarie, quali servizi devono accompagnare la realizzazione delle opere.
D. Si usano spesso?
R. Molto, sì, molto spesso. Sono diventati il mezzo principale per pianificare il territorio, piani regolatori a parte.
D. Piani di Governo del Territorio?
R. Siete preparati vedo. I Piani di Governo del Territorio sono gli strumenti di pianificazione urbanistica generale più recenti. Pochi comuni li hanno già approvati, tutti gli altri dovranno farlo entro l'anno prossimo, ma per ora si devono avvalere dei vecchi prg, ed i programmi integrati vengono utilizzati per apportare varianti ai prg.
D. Quindi i PII vengono utilizzati per apportare varianti urbanistiche.
R. Certo, nella maggior pare dei casi i PII sono varianti ai piani generali, e poi i comuni li utilizzano per "portare a casa" più denaro e più opere.
D. Legalmente?
R. Sì. I PII sono strumenti che prevedono la possibilità, per il comune, di pretendere quelli che sono stati definiti "standard qualitativi" ovvero maggiori oneri a carico degli operatori, in termini di opere o aree cedute, o denaro che viene versato nelle casse del comune.
D. Chi approva un PII?
R. Il comune. Solo in pochi casi, ovvero sia per quei PII che rientrino nella definizione di strumento di interesse regionale, per esempio se c'è di mezzo un centro commerciale o infrastrutture di interesse regionale o statale, allora interviene la Regione attraverso una procedura detta accordo di programma. Altrimenti è il comune a promuovere il programma, ad adottarlo ed infine ad approvarlo.
D. Senza che nessun altro interferisca?
R. Per i PII in variante è obbligatorio chiedere il parere della provincia.
D. Quindi un comune non può approvare un PII se la provincia dice di no.
R. In teoria è così..
D. Ma?
R. Ma i casi in cui una provincia è davvero in grado di incidere su un PII si contano sulle dita di una mano. In realtà le province devono fare sì i piani territoriali di coordinamento, ma la verità è che sono piani quasi totalmente privi di efficacia.
D. Ah! E perché?
R. (esita un po', ndr) La legge regionale non lascia molto spazio alle province, la politica della Regione, in tema di territorio, è di lasciar fare ai comuni quasi tutto quello che vogliono.
D. Per quale ragione?
R. Il peso politico dei comuni è nettamente superiore a quello delle province.
D. E il territorio ne fa le spese.
R. Diciamo che, tecnicamente, la scelta della Regione non è giustificata appieno.
D. Torniamo ai PII. Lei ritiene vengano utilizzati bene?
R. A volte sì, a volte no. Spesso lo spirito originario della legge sui PII, che in Lombardia esistono dal 1999, viene tradito. I PII erano stati pensati per superare le rigidità dei prg, ma anche per innalzare la qualità delle trasformazioni del territorio operate in variante ai prg.
D. E invece?
R. Invece, troppo spesso si sono tramutati in banali piani di lottizzazione, oltretutto utilizzati per "fare le varianti" laddove una variante ordinaria non si sarebbe potuta fare attraverso altri strumenti urbanistici.
D. Chi controlla se un PII risponde alla legge?
R. Nessuno.
D. Prego?
R. Nessuno, i controlli di legittimità sono stati abrogati da anni, in tutta Italia, la norma era nazionale, una delle leggi Bassanini.
D. Quindi uno strumento così delicato, se non è d'interesse regionale e quindi se non ci siete di mezzo voi, il comune se lo approva senza che nessuno dica nulla neppure in caso di violazioni di legge?
R. In teoria è possibile, le province non possono valutare la legittimità degli atti adottati dai comuni. Certo per i sindaci la responsabilità sarebbe gravissima, anche penale.
D. Mi scusi, ma non crede che sarebbe necessario controllare di più l'utilizzo di strumenti come questi?
R. Vede, oggi l'autonomia dei comuni è fortissima, la Costituzione è cambiata, di fatto sono loro i primi artefici del loro destino. Lo Stato non ha pressoché più competenze in materia urbanistica, le regioni dettano la disciplina e quindi è la politica di ciascuna regione a decidere sino a che punto si vuole essere incisivi rispetto all'autonomia dei comuni. La Lombardia ha scelto la strada di una sussidiarietà molto spinta, può piacere o no ma è così.
D. Detto molto brutalmente, lo sapete che ci sono comuni che con i PII ci giocano in modo un po' disinvolto, vero?
R. E' una delle voci che girano.
D. Lasciamo stare. Prima di chiederle l'intervista le ho accennato al caso concreto che ci sta a cuore, senza fornirle dati più precisi, glieli sottopongo ora (gli passo una copia del documento di sintesi del PII ed altri documenti in mio possesso). Li legga al volo e mi dica il suo pensiero. (sfoglia rapidamente la documentazione, per un paio di minuti, soffermandosi sui dati principali)
R. Eh, un bel programmino!
P. Si, eh?
D. Cosa la colpisce?
R. Se quel che si dice qui risponde al vero, con un solo PII realizzano abitazioni sufficienti a raddoppiare la popolazione, certo, è tutto relativo, in un paese di cinquanta anime basta costruire quattro case e la popolazione rischia di aumentare del trenta per cento, qui poi si dice che ci sono seconde case per oltre settemila persone, una bella botta. Certo non mi sembra un programma ispirato alla lungimiranza, però, che vuole che li dica, in sé l'operazione non sembra illecita.
D. Inopportuna?
R. Non saprei.
D. Urbanisticamente inopportuna?
R. Questo è possibile, forse probabile. Urbanisticamente inutile direi.
D. Cioè?
R. Inutile, inadeguata rispetto agli obiettivi del comune. Operazioni di questo genere non sono una novità. Alla fine, ovvero trascorsi tot anni dall'attuazione tutti scoprono che chi ci guadagna davvero sono gli operatori, ai comuni restano le briciole, a volte neppure quelle perché gli tocca mettere i soldi per rimediare ai danni o alle manchevolezze degli operatori privati.
D. Ma i PII non sono strumenti negoziali? Non prevedono una convenzione?
R. Certo, ovvio. Ma lei crede che un comune di questa dimensione (Piazzatorre, ndr) abbia la forza e la capacità di negoziare con gente che negozia tutti i santi giorni da anni, con decine di amministrazioni diverse, anche ben più strutturate e organizzate di questa? E poi chi pensa che scriva le convezioni?
D. I privati?
R. E certo! I Comuni se va bene le modificano un po'. Se no si limitano a firmarle.
D. Un'altra domanda. La valutazione ambientale, può avere un ruolo per limitare i danni?
R. Se ben fatta sì, tuttavia tenga conto che nella maggior parte dei casi la si affronta semplicemente come procedura, non come disciplina scientifica. Una volta redatti documenti come questo (il documento di sintesi, ndr) ci si toglie il pensiero affermando che non ci sono problemi per l'ambiente, ma il più delle volte è vero il contrario.
D. Insomma, sperare in una pianificazione urbanistica più accorta è utopico.
R. (allarga le braccia)
P. Grazie dottore, arrivederci.
R. Arrivederci.
MORALE: i disastri sono dietro l'angolo, ma stavolta, i loro padri, anche se sono più d'uno (la politica ha leggi diverse da quelle della biologia), non sono ignoti.
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