Riprendo il
tema avviato dal commento di una anonima lettrice, che poneva la più classica
delle domande: cosa fare?
Mi scuso
anzitempo se, per quanto cercherò di evitarlo, userò termini inglesi entrati
nell’uso corrente del linguaggio aziendale.
Quello che
vi descriverò da qui in poi non è una ricetta miracolistica, né l’uovo di
Colombo, ma una sintesi di cose piuttosto ovvie, tanto che alla fine molti di
voi diranno “lo sapevo anch’io”.
Comincerei
col dire che chiedersi cosa “fare” dovrebbe essere l’ultimo dei nostri
pensieri, l’ultimo passo di un processo che parte da chi/cosa vogliamo “essere”,
ovvero quale futuro auspichiamo (in questo caso per Piazzatorre). La partenza é
costruire la vision.
Chi sono
gli attori di questa costruzione? In una comunità così piccola viene da dire “tutti”,
o almeno una quota qualificata della popolazione effettivamente residente, perché
se è vero che il Comune ha il compito istituzionale di esercitare (anche) le
funzioni che riguardano lo sviluppo economico, è altrettanto vero che in una
realtà di 400 anime interpellare e ascoltare chi ha qualcosa da dire non è un’impresa
improba e, soprattutto, è fondamentale per giungere ad una vision condivisa, senza la quale è perfettamente inutile iniziare a
fare qualsiasi cosa.
Decidere
cosa si vuol essere (una località per solo turismo invernale? una per solo
turismo estivo? una località “quattro stagioni”? altro?) significa compiere una
scelta indicandone i motivi a supporto. Se la scelta fondamentale non è condivisa,
al primo cambiamento di vento crolla tutto quanto.
Alla
determinazione della vision consegue
la fissazione degli obiettivi, che devono essere chiari, raggiungibili,
misurabili. Dire “vogliamo rilanciare Vattelapesca” non è un obiettivo, è una
dichiarazione d’intenti, bella finché si vuole, ma tutt’altro che concreta. Obiettivi
sono, per esempio, fissare il numero di visitatori che si intende avere in determinati
periodi dell’anno, stabilire quali servizi si intendono erogare e con quali
standard, quali requisiti di attrattività devono essere conseguiti e in quali
tempi, ecc.
Anche per
gli obiettivi è essenziale la condivisione. Stabilirli sulla base di una
volontà politica legata alla maggioranza di turno è sbagliato: vale quanto
sopra, se per qualsiasi motivo i numeri vengono meno, il rischio dello
scatafascio è altissimo.
Ma allora a
che serve un’amministrazione comunale se deve condividere tutto? Sbagliato! Non
tutto, solo vision e obiettivi, cioè le
variabili non negoziabili, stabilite le quali spetta alla maggioranza decidere
il “come” raggiungere gli obiettivi ed il risultato connesso allo vision.
Il “come” è
fatto di una sequenza precisa: politiche, strategie, attività.
L’inglese
ci viene in aiuto, perché in quella lingua l’italiano “politiche” viene
tradotto con policies quando si parla
di linee di condotta e con politics
quando ci si riferisce alle attività proprie della politica. Qui si parla di policies.
“Politica
dell’accoglienza”, giusto per fare un esempio diretto, non è ancora una
strategia, né un’espressione di cose di fare, è, piuttosto, un tassello del puzzle che compone un modello di
sviluppo turistico. “Politica per la residenzialità” è un altro. “Politica per
l’attrattività”, “politica per le attività e l’indotto”, ecc…, sono tutte linee
di condotta che un’amministrazione, un consorzio, una società, scelgono di
seguire sulla base di motivazioni, che sono tenute ad esplicitare.
Le
strategie sono gli “strumenti”, gli “attrezzi” che si intendono usare per
sviluppare le politiche. La pubblicità, suggerita da Macky in più interventi, è
una strategia; l’ispirazione ad un modello presunto più efficiente è una
strategia; l’avvalersi della negoziazione con altri soggetti è una strategia;
proporre pacchetti vacanze è una strategia; scegliere la ricettività alberghiera
è una strategia (opposta alla strategia che punta alla residenza in seconda casa).
Le attività
sono la traduzione nel “pratico” delle strategie, ovvero sia quel “cosa” che si
chiedeva all’inizio. Un “cosa” che, per essere fatto, esige di essere definito
anche nel “come” (esempio pubblicità: rivolta a quale pubblico; con quali
mezzi; a quali costi; entro quali tempi), nonché nel “chi” (i soggetti che
dovranno occuparsene).
Avete già
capito quindi che per poter decidere se “cosa” fare affinché una località
turistica si riprenda dallo sfacelo, serve stabilire una serie di altre “cose”.
Trait d’union di tutto questo ambaradan è la comunicazione, che deve essere costante,
precisa, il più possibile trasparente, e ufficiale.
Comunicazione non solo verso l’esterno (i possibili utenti), ma anche all’interno
dell’organizzazione o del gruppo che sta seguendo il “progetto”.
Adesso
ditemi voi a quali dei punti che vi ho esposto rispondeva il PII, ditemi se per
Piazzatorre, al di là della mera dichiarazione d’intenti inerente il “rilancio”,
sono mai stati definiti una vision, degli
obiettivi, delle politiche. Ci si è affidati ad una sola strategia (la
programmazione negoziata, e con un soggetto non avvezzo a “produrre” turismo),
che riproponeva attività note e stranote, lasciando la comunicazione alle voci
da bar. Poteva avere successo un progetto così gestito? Certo che sì. Bastava
avere un culo pazzesco.
Cara Mara,
RispondiEliminagrazie x il post che mi hai dedicato..wow!!!
Ho scritto come anonimo xchè non sono capace di indicare un nome/url....nell'era dei computer sarò l'unica a non esserne capace...va beh passiamo oltre.
In effetti tutto quello che hai scritto non fa una grinza, bisognerebbe seguire quei passi indicati ben bene nel tuo post...xchè non dai questi suggerimenti all'amministrazione di Piazzatorre? o meglio, fatti assumere x portare avanti il rilancio del paese..sono sicura ne saresti in grado.
buona giornata
Dai Mara fatti assumere dal Comune di Piazzatorre!!
RispondiEliminaDopo Monti al Governo...ecco Mara in Comune...in questo modo oltre a salviare l'Italia,SalviAMO Piazzatorre!
MARA!MARA!MARA!
Ma non c'era il blocco delle assunzioni?
RispondiEliminaFantasie a parte, per costruire il processo che ho descritto non serve nessuna specifica competenza, occorre solo avere voglia di farlo.